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Immagine del redattoreRedazione TheMeltinPop

"Verrà un giorno che anche per noi brillerà il sole." Terza parte

Dal diario di Michele Lanata, catturato dai tedeschi e fatto prigioniero in un campo di concentramento a Monaco nel 1943


In questa settimana in cui si celebra la Giornata della Memoria, continuiamo con la pubblicazione di stralci tratti dal diario inedito di Michele Lanata, genovese, catturato dai tedeschi nel 1943, fatto prigioniero dapprima in Italia e poi tradotto in un campo di lavoro in Germania nei pressi di Monaco di Baviera.


"La giornata l'ho trascorsa nei magazzini della Taumer e sono stato a scaricare dei mattoni e legname nei diversi punti della città. Ormai siamo entrati nella vera fase iniziale dell'inverno difatti la temperatura oscilla tra i 5 e pure gli 8 gradi sotto zero, il gelo e la neve coprono tutta la città."
"Il lavoro consisteva nello scavare un ricovero, cosa ormai di moda quaggiù in città, nel suo giardino; quindi picco e pala per tutto il giorno, ma ci ha trattato bene, sia per mangiare che per fumare, quindi adesso me ne sto qui in baracca soddisfatto della giornata trascorsa."

Per i prigionieri il lavoro è fonte di sopravvivenza; attraverso il lavoro si possono ottenere buoni per il pane, latte in polvere, patate e qualche sigaretta. Molto del lavoro viene svolto per civili che vivono nei dintorni del campo, che spesso si dimostrano generosi, aggiungendo al valore del cibo quello altrettanto vitale della solidarietà. Freddo e fame sono i comuni nemici da combattere. Ma una mano che si allunga, un cenno di saluto da chi capisce la tua situazione, uno sguardo di compassione possono essere un calore incalcolabile per un cuore ghiacciato dal dolore e dal sopruso quotidiani.


Ci sono però nemici ancora più subdoli. La solitudine, la malinconia di casa, la lontananza. La paura strisciante di non riuscire più a tornare a riunirti con chi ami. Anziane madri lasciate sole, giovani mogli o fidanzate, figli piccoli o magari neanche ancora conosciuti, amici a cui si era attaccati dall'infanzia o dai valori condivisi. La paura che anche a loro possa essere successo l'impensabile, che possano soffrire o addirittura essere morti. Scrivere lettere è un modo per cercare di avvicinarsi ai propri cari lontani, ma non ricevere risposta getta in un'ansia profonda, in un vuoto di paura per non sapere che cosa ne è della propria famiglia, consapevoli che una guerra è in corso e sentendone spesso l'orribile presenza nel suono dei bombardamenti. La delusione per la mancata risposta accresce l'angoscia dei giorni a dismisura, giorni che somigliano di più a tenebre.


"In questi ultimi tre giorni sono giunte circa una trentina di lettere in baracca in risposta a quelle scritte nello scorso mese di novembre. Tra quelle ricevettero pure i miei due amici genovesi con ottime notizie circa lo stato delle loro famiglie. Ed io fino a adesso niente, non posso spiegarmi il perché, spero dipenda dalla posta e proprio a me doveva capitare il ritardo, tutti quelli che non si è ricevuto pensiamo quello. Prima di questo arrivo di posta eravamo tutti rassegnati ma adesso diventiamo un po' inquieti e bramiamo una risposta che ci tolga dalle tenebre di questi quattro mesi di attesa e di silenzio."

E con il freddo dell'inverno arrivano i giorni di Natale, che portano inevitabilmente con sé ricordi struggenti per momenti famigliari passati, le piccole abitudini casalinghe di ognuno, tradizioni particolari o condivise a cui si è attaccati. Si cerca allora di ricreare qualcosa, un'atmosfera che in minima parte possa colmare il vuoto profondo che si avverte dentro di sé. Un albero di Natale in cui rivedere un'immagine di casa. Un tentativo incerto di specchiarsi in un gesto che magari i propri famigliari stanno compiendo nello stesso istante e ricongiungersi così, con il pensiero per darsi forza, per credere che il prossimo Natale si sarà di nuovo insieme dimenticando l'orrore e la privazione.


"Anche la Vigilia di Natale è giunta, piano piano i mesi sono trascorsi e in un primo tempo ciò che ci sembrava impossibile di fare questa festa qua rinchiusi è diventata realtà."
"Per queste festività io e i miei amici abbiamo fatto un bellissimo albero di Natale adornato alla meglio con tante cosette rubate qua e là per la città, vi abbiamo messo in una cornice di verde diverse immagini e il nostro simbolo; una mattonella e una patata e quindi sistemato sul nostro castello tutto illuminato da candele."
"Per le feste Natalizie facciamo due feste oggi e domani e così ce ne staremo tutto il giorno rinchiusi in baracca in balia dei ricordi e degli affetti di cui ne siamo privi."
"Però quanta nostalgia avevamo nel cuore, senza udire da casa, tutti i nostri pensieri convergevano verso i nostri cari lasciati lontano e sono convinto che a quell'ora i miei genitori facevano altrettanto."
















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