di Cristina Castagnola
"Trovare l’arte (e metterla da parte)" è un progetto che si è insinuato nella mia testa un qualunque giorno di gennaio. È arrivato nel momento giusto e lì è rimasto, finché non mi sono decisa a metterlo ‘su carta’. È il mio inno all’arte in ogni sua forma e dimensione.
Un colpo di fulmine.
Febbraio, da che mondo è mondo, è il mese dell’amore.
Amore, probabilmente la parola più abusata dell’intero universo. L’amore che non ha confini o generi. L’amore nelle sue infinite sfaccettature, che ci piacciono tutte così tanto, che prendono le sembianze di un genitore, un ragazzo, una ragazza, un animale. A volte diventa morboso e violento, altre volte ci salva dal baratro della depressione. Il motore di tante favole Disney e dei tre quarti di film che conosciamo.
Per chi non è proprio avvezzo a distribuire il suo amore verbalmente, ma, come nel mio caso, con tanti piccoli gesti concreti, San Valentino diventa il momento clou dell’anno dove possiamo sbizzarrirci con i regali più particolari e dimostrare ancora una volta di non essere solo degli apatici anaffettivi. Semplicemente abbiamo altri modi di esprimerci.
Per me personalmente, fare regali alle persone a cui tengo è un momento di grande piacere. È per questo che mi porto avanti di mesi e mesi per decidere cosa presentare ad amici, familiari o, come per questa ‘festa’, al mio fidanzato. E non è per niente una missione facile, vista la mia enorme voglia di essere costantemente originale e sempre più green per aiutare il Pianeta.
Riflettendo allora su cosa avrei potuto scrivere da dedicare al mese degli innamorati, ero in cerca di qualcosa che facesse scattare in me la vena scribacchina. Girovagando in Internet, tra pensierini, immagini e simboli banalissimi su queste emozioni, ecco che mi sono imbattuta in loro: i ‘Nontiscordardime’, la mia ultimissima forma d’arte.
Conosciuto anche come "Occhi della Madonna", questo gracile fiore dal dolce colore azzurro cielo (o rosa pallido) simboleggia la fedeltà, l’amicizia e, soprattutto, l’amore eterno.
Dal nome botanico di ‘Myosotis’ (dal greco ‘mys’, ‘topo’, e ‘otos’, ‘orecchie’, per la forma dei petali), si tratta di una pianta erbacea perenne della famiglia delle Borraginacee, che fiorisce tra la primavera e l’estate.
Anticamente, era ritenuto sacro, da cui anche una nomea di talismano, e veniva usato per creare una pozione che permetteva di guarire gli occhi. Era impiegato in epoca vittoriana per decorare gli abiti delle spose e, in seguito, per ricordare i defunti. Tutto ruotava, oggi come allora, sempre e comunque intorno all’amore.
Diverse sono le leggende riguardo l’origine del nome del Myosotis: sembrerebbe legato a una storia germanica che racconta di due innamorati che, passeggiando lungo il Danubio, avrebbero raccolto quelle piccole piantine, attratti dalla loro bellezza e volendo suggellare in loro il profondo sentimento che provavano l’uno per l’altra. Tuttavia, il giovane cadde in acqua e, mentre veniva trascinato via dalla corrente, gridò la famosa frase «Non ti scordar di me!».
Un’altra leggenda, questa volta di ambito religioso, vede Dio stesso come protagonista, impegnato a dare un nome alle piante da Lui create. Una piccola voce proveniente da un fiorellino, a cui ancora non era stato assegnato un nome, avrebbe quindi gridato «Non ti scordar di me, Dio!», e dunque Egli avrebbe risposto «Quello sarà il tuo nome».
Numerose sono anche le ricorrenze per cui viene impiegato, prima fra tutte la Festa dei nonni, in Italia il 2 ottobre. In Canada, si usa per commemorare i caduti durante la Prima Guerra Mondiale, esibendolo addosso il primo di luglio di ogni anno. In aggiunta, è l’emblema dell’Alzheimer Society,un’ente di beneficenza che si prende cura dei malati con questa forma di demenza degenerativa che provoca problemi di memoria. Il Non ti scordar di me, infatti,rappresenta proprio il ricordo.
Infine, dal 1983 è il simbolo della Giornata Mondiale dei bambini scomparsi, per diffondere speranza e solidarietà ai genitori rimasti soli.
Anche in questo caso, tutte forme di un grandissimo amore per il prossimo, per i nostri avi e per noi stessi.
Documentandomi sulla storia del ‘fiore dell’amore’ (da me ribattezzato in questa maniera), ho scoperto numerose altre piantine a cui sono state attribuite altrettante variegate emozioni.
Chi ha vinto il simbolo dell’odio? Il cardo, che richiama la misantropia. L’elleboro indica la pazzia, mentre la calla la tristezza. La margherita è la rappresentazione dell’innocenza, mentre il giglio della purezza. Il papavero è l’orgoglio e la peonia è la prosperità. E questi sono solo alcuni degli esempi che ho trovato. Ognuno, poi, ha mille ulteriori significati a seconda del Paese che lo osserva.
È comunque sbagliato attribuire caratteristiche umane ad animali o piante. È difficoltoso separare il nostro mondo dalla fauna e dalla flora, ma a causa di questo atteggiamento, si possono creare situazioni pericolose in cui si sottovalutano le conseguenze delle nostre azioni.
A pensarci bene poi, chissà cosa ne penserebbero le piante delle nostre scelte di utilizzarle come simbolo di morte o di amore perfetto. Fino a quando, però, nessuna verrà a chiederci spiegazioni, potremo tranquillamente continuare a ‘sfruttare’ il Non ti scordar di me e gli altri suoi ‘fratelli’ per diffondere affetto e tutte le emozioni che proviamo quotidianamente.
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