di Cristina Castagnola
L’Enciclopedia Treccani definisce la musica come «arte che consiste nell’ideare e nel produrre successioni strutturate di suoni. In quanto attività sociale, appartiene a tutte le epoche e a tutte le culture, mutando il proprio significato e la propria funzione e manifestandosi in una grande varietà di forme e tecniche a seconda dei periodi storici e delle aree geografiche».
Uno strumento straordinariamente potente la musica.
Universalmente considerata un efficacissimo mezzo di comunicazione per raggiungere cuori vicini e lontani, ci accompagna in molte delle nostre attività quotidiane: permette di connettersi o isolarsi dal resto del mondo; ci rilassa oppure ci trasmette vibrazioni positive. Ne esistono di infinite forme ed è in continua evoluzione grazie alla fantasia delle persone. Esprime i gusti più disparati e veicola i messaggi più diversi, ciascuno interpretabile liberamente dallo spettatore. Inoltre, si plasma facilmente: può diventare la colonna sonora di un film, oppure accompagnare i passi di danza di una ginnasta o una ballerina dell’Opera.
E, proprio a proposito dell’Opera, in questa ‘puntata’ di “Trovare l’arte (e metterla da parte)”, andremo a esplorare il mondo dei compositori e, in particolare, ci concentreremo su ‘La Primavera’ di Antonio Vivaldi, per restare in tema con l’arrivo del bel tempo nel mese di aprile.
La musica del Settecento si trasforma in un mezzo espressivo della collettività.
Vivaldi, compositore e violinista veneziano, realizzò tra il 1723 e il 1725 ‘Il cimento dell’armonia e dell’inventione’ (Opus 8), di cui fanno parte ‘Le Quattro Stagioni’, probabilmente il picco più alto della sua carriera. Riuscire a riportare il “parlato” della natura e le sensazioni che possiamo provare durante una stagione non è un affare tanto semplice, eppure il nostro connazionale sembra proprio esserci riuscito.
‘Le Quattro Stagioni’ è, appunto, il titolo dei primi quattro (su dodici) concerti per violino e archi dell’opera‘Il cimento dell’armonia e dell’inventione’; ciascuno a sua volta accompagnato da altrettanti sonetti (forse) dello stesso Vivaldi, considerabili come delle guide all’ascolto.
Inoltre, fanno parte dei sette concerti composti ‘a programma’, ossia musiche all’interno delle quali viene descritta una scena di eventi naturali come una sorta di narrazione strumentale. Non si servono di immagini, ma solamente di suoni, per trasmettere sensazioni indefinite. È stato uno dei primi esempi di questa tipologia di musica descrittiva.
‘L’Estate’ è caratterizzata da toni accesi che riflettono la solarità del periodo descritto. La tempesta comincia ad avvicinarsi al pastore, ma gli accordi sono ancora lenti e richiamano il clima afoso.
‘L’Autunno’ presenta la figura del dio romano Bacco: tutto ruota intorno alla vendemmia e al vino.
‘L’Inverno’, invece, viene descritto in tre momenti: il vento gelido, la pioggia sul terreno ghiacciato e, infine, l’accettazione del rigido freddo. A discapito, però, della sensazione di disperazione che si propaga insieme alle note, sappiamo che il ciclo delle stagioni (come quello della vita) ricomincerà e, dunque, tornerà la protagonista del mio scritto: ‘La Primavera’.
È sicuramente il più famoso tra i quattro concerti, che si apre in Mi Maggiore. Anche quest’ultima è suddivisa in tre diversi momenti: nel primo viene descritta la danza dei contadini e svariati suoni di uccelli salutano la bella stagione; quando, all’improvviso, scoppia un (breve) temporale.
Nel secondo tempo, si narra del quieto sonno di un pastore, accompagnato dai rumori della natura.
In ultima istanza, viene raccontata la danza pastorale delle ninfe e dei pastori immersi in questo tripudio di primavera.
Il tema odierno, che ben si lega a Vivaldi e alla sua opera e di cui si sente sempre più parlare, sono i cambiamenti climatici. Negli ultimi anni, si sono moltiplicate le manifestazioni artistiche contro i mutamenti ambientali che stanno devastando il nostro Pianeta. Così, per contribuire alla sensibilizzazione su questo importante argomento, il 16 novembre 2019, l’orchestra radiofonica tedesca Ndr Elbphilharmonie Orchester di Amburgo realizzò una rivisitazione de ‘Le Quattro Stagioni’. Anche il titolo dell’opera richiama la loro missione: ‘For Seasons’ (‘Per le stagioni’), gioco di parole con ‘Four seasons’ (‘Le quattro stagioni’).
Per sei mesi, sono stati analizzati dati relativi ai cambiamenti climatici (aumento delle temperature, fenomeni meteorologici estremi, ecc) e sono stati trasposti su un pentagramma. Ciò che hanno cercato di creare era un qualcosa di ‘fastidioso’, che si insinuasse tra le note del concerto classico: i paesaggi allegri del compositore veneziano sono disturbati dall’impatto dell’uomo sulla natura. Per esempio, alcuni suoni del violino, che dovevano ricordare il cinguettio degli uccellini, spariscono, per simboleggiarne l’estinzione.
Il cambiamento climatico non risparmia nessuna creatura, quindi, nemmeno l’arte in ogni sua forma può essere esente dalla distruzione. Questo concerto è utile per far riflettere sulla nuova questione; tuttavia, al momento, è uno dei pochi esempi di ‘arte classica’ che diventa portavoce della drammatica situazione. L’impegno delle persone dovrebbe, a mio avviso, centrarsi anche su questi piccoli elementi, per disturbarci proprio laddove siamo più a nostro agio.
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