“Dai loro padri avevano imparato come si tiene in riga uno schiavo, una brutale eredità trasmessa come una consuetudine di famiglia. Portarlo via dai suoi cari, frustarlo finché non ricorda altro che la frusta, incatenarlo perché non conosca altro che le catene.” (I ragazzi della nickel, Mondadori, 2019)
Se qualcuno si fosse chiesto il perché dell’assegnazione del Premio Pulitzer allo scrittore Colson Whitehead per ben due volte in tre anni – per “La ferrovia sotterranea” nel 2017 e per “I ragazzi della Nickel” nel 2020 – la cronaca che ci giunge dagli USA in questi ultimi giorni gli fornirebbe la risposta. È chiaro e sotto i nostri occhi che, nonostante quanto fatto nella seconda parte del secolo scorso, nonostante Martin Luther King, Rosa Parks e tutte le dure lotte affrontate dagli afroamericani per l’acquisizione dei diritti fondamentali, nonostante Barack Obama e la prima volta di un presidente nero alla Casa Bianca, il razzismo nei confronti dei cittadini di colore negli Stati Uniti gode ancora di ottima salute. Perché, come diceva la nonna di Elwood - il protagonista de “I ragazzi della Nickel” – “un conto era dire alla gente di fare ciò che è giusto, e un altro era aspettarsi che lo facesse davvero”.
I cimiteri parlano: la storia della Dozier School for Boys, Florida
“Anche da morti i ragazzi portavano guai. Il cimitero segreto si trovava nella parte settentrionale del campo della Nickel, in una zona coperta di chiazze d’erba incolta tra la vecchia stalla e la discarica.”
Dopo il grande successo di pubblico e critica ottenuto da La ferrovia sotterranea, dove ha raccontato la storia di Cora, schiava nera nel sud-est degli Stati Uniti durante il XIX secolo in cerca della libertà, Colson Whitehead ne I ragazzi della Nickel sposta negli anni ’60 del Novecento la narrazione dei soprusi e della violenza razzista subita dai neri. Là dove Cora era una schiava fuggitiva in cerca della libertà, in questo nuovo romanzo il protagonista si muove poco dopo gli anni del famoso boicottaggio degli autobus di Montgomery ed è coinvolto nei movimenti di lotta per i diritti civili che all'inizio degli anni '60 cominciava a far sentire forte la sua voce. L’ispirazione alla storia giunge allo scrittore da un fatto reale letto sul Tampa Bay Times: alcuni studenti di archeologia dell'Università della Florida del Sud, effettuando degli scavi nei terreni della vecchia Dozier School for Boys, istituto correttivo nella città di Marianna Panhandle, hanno trovato i resti di studenti torturati, violentati e mutilati, quindi sepolti in un cimitero segreto per annullarli per sempre al mondo. In "The Nickel Boys", la casa degli orrori viene immaginata come la Nickel Academy di Eleanor, in Florida, e la scoperta di un cimitero non segnalato come niente altro che un inconveniente, “una costosa complicazione” per la società immobiliare e per lo Stato. Perché all’America bianca non piace che si dissotterrino fantasmi, tanto meno quello della loro coscienza.
Elwood Curtis, una pagina bianca ancora da scrivere
Elwood Curtis è un adolescente nero, intelligente e di fermi principi. Vive a Frenchtown, quartiere afroamericano di Tallahassee in Florida, insieme alla nonna Harriet, che lo educa ad un forte senso del dovere e della disciplina. Il giovane Elwood cresce imparando a memoria i discorsi del reverendo King su un vecchio giradischi, sogna un futuro al college grazie alla desegregazione delle scuole dopo il Brown v. Board of Education e la possibilità di una vita giocata al pari con quella dei bianchi. Conosce bene i frutti del razzismo: il bisnonno è morto in prigione accusato di non aver lasciato il passo sul marciapiede ad una donna bianca, il nonno è stato ucciso in una banale rissa in cui cercava di proteggere un ragazzino dalla furia di un gruppo di bianchi ubriachi, il padre è fuggito lontano perché la sua uniforme e il suo passato di soldato a difesa della patria non sono bastati a dargli una dignità in una società che guarda al nero come ad un essere subordinato e inferiore. Ma Elwood sa qual è la strada per affrancarsi e far sentire la sua voce pacata ma ferma in difesa dei suoi diritti: lo studio. Tiene in casa un’enciclopedia dalle pagine bianche, frutto di un maligno raggiro, ma per lui emblema del sogno della sua esistenza: riuscire a riempirle grazie alla volontà e allo studio. Il suo sogno va a frantumarsi però contro la crudeltà del pregiudizio: innocente, finirà a dover scontare una pena per furto d'auto proprio alla Nickel Academy.
Un soggiorno alla Nickel per assaggiare l'inferno
Come innumerevoli altri prima e dopo di lui, incarcerato per il crimine di essere nero, Elwood finisce dunque alla Nickel. Qui vi scoprirà una realtà fatta di violenza, sevizie, abusi di ogni sorta, perpetrati con indifferente crudeltà sui giovani ragazzi neri che la scuola dovrebbe recuperare alla società ma che invece condanna al dolore, quando non alla morte, in uno scambio di ruoli tra chi è il vero criminale e chi così viene definito da una legge distorta e razzista. Non servono nemmeno muri e sbarre alla Nickel, perché è la paura a paralizzare ogni pensiero di fuga.
“I ragazzi venivano chiamati studenti, anziché detenuti, per distinguerli dai criminali violenti che popolavano le prigioni. I criminali violenti, aggiunse Elwood, facevano tutti parte del personale.”
Il ragazzo di Frenchtown non vuole rinunciare al suo sogno. Chiede di poter ottenere libri, di poter portare avanti gli studi, è convinto che con il suo comportamento disciplinato presto riuscirà ad uscire. Proverà Elwood, proverà ogni via per poter raggiungere le porte di quel college e di quell’istruzione che lo aspettava e che tanto aveva desiderato. Resisterà ai pestaggi alla Fabbrica del gelato e alla Casa Bianca, i cui nomi rappresentano il contrario di ciò che sono, luoghi di tortura e di annientamento di ogni diritto civile.
Lotterà, Elwood, lotterà in ogni modo, perché non vuole essere come i volumi di un’enciclopedia dalle pagine vuote, una storia invisibile e non scritta, un essere senza nome e senza storia.
“I lividi dei bianchi erano diversi da quelli dei neri, e così i ragazzi bianchi la chiamavano Fabbrica del Gelato, perché ne uscivi con lividi di tutti i colori. I ragazzi neri la chiamavano la Casa Bianca, perché quello era il nome ufficiale, che le si confaceva e non aveva bisogno di abbellimenti. La Casa Bianca dettava la legge e tutti ubbidivano.”
Dissotterrare la coscienza dell'America bianca
Ma perché, con i tanti casi di pestaggi, violenze brutali e uccisioni su ragazzi neri che la cronaca ci ha offerto in questi ultimi anni e che continua ad offrirci in queste ore, Whitehead vuole raccontare proprio questa storia? Perché ha scelto proprio di puntare una luce cruda sui fatti della Dozier? Perché le tombe occulte e senza nome della Dozier sono emblematiche.
"Se guardi ai disordini sociali di oggi e alla divisione e alla discordia razziale, non siamo andati così lontano dai giorni di Jim Crow. Possiamo illuderci che stiamo facendo molti progressi in termini di razza, in termini di uguaglianza sociale, ma ovviamente ci sono sempre cose che ti ricordano fino a che punto non siamo arrivati" (New York Times, 19/07/2019). È questo che lo scrittore si propone: disilluderci, disilludere l'America intera, quella che vuole credere che certe cose non siano mai accadute, quella che nega, quella che distorce le verità per non doverle affrontare, quella che rimuove e sotterra sotto al tappetto.
Whitehead vuole riesumare una coscienza soffocata in fretta e furia sotto un metro di terra per non doverne sentire il lamento. Attraverso il devastante inferno della Nickel, la scrittura di Whitehead conduce la narrazione senza compiacimenti, con uno stile asciutto, ben calibrato tra gli elementi storici e quelli della finzione narrativa, per approdare al suo obiettivo: dissotterrare, così come gli archeologi fanno con i corpi dei ragazzi uccisi, il rimosso dell’America razzista. È uno scavo doloroso, ma necessario, per aggirare l’ipocrisia celata di una società che non ha fatto i conti con i crimini del proprio passato e, a ben vedere, nemmeno con quelli del proprio presente.
Redazione TheMeltingPop
Colson Whitehead è nato a New York. Giornalista e scrittore, ha pubblicato il suo primo romanzo L'intuizionista nel 1999, a cui sono seguiti John Henry festival (2001), Il colosso di New York (2003), Sag Harbor (2009), La ferrovia sotterranea (2017) e I ragazzi della Nickel (2019).
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