L'AMICO AMERICANO.
STORIE D'OLTREOCEANO
di Emanuele Pettener
Su Ocean Boulevard pedaliamo pacifici fino a Spanish River Road. Qui svoltiamo a sinistra e attraversiamo il ponte sopra la Intracoastal, il corso d’acqua parallelo all’oceano, gremito di barche a vela e yacht. Alla nostra destra ecco un grande spiazzo cosparso di macchine sotto il sole, e fra diversi negozietti troviamo quello che proclama d’essere il più vecchio ristorante di Boca, The Griddle, e di certo s’atteggia a tale, con le cameriere dalla matita dietro l’orecchio, il blocnotes e l’accento del Mississippi, che passano con la brocca di caffè fra i tavolini forniti di Ketchup e senape, ti chiamano tesoro e talora love anche se non t’hanno mai visto, e ti chiedono, masticando chewin’gum, se vuoi ancora caffè.
La cucina è aperta, sulla piastra si arrostiscono gli hamburger, divoriamone un paio. Alle pareti foto in bianco e nero e arrugginiti strumenti agricoli, a ricordare che il primo Griddle aprì nel 1945, quando Boca era ancora terra e acqua e pionieri. The Griddle, come detto, proclama la primogenitura, primo ristorante di Boca, e d’aver mantenuto diversi piatti popolari già allora: dal sandwich di tacchino grondante gravy alla carne di manzo in scatola tritata con cipolle fritte e patate, dalla bistecca fritta con sugo di salsiccia e uova al corned beef sandwich con cetriolini, formaggio svizzero, crauti e salsa russa.
Oppure ci si può nutrire con qualcosa di più esotico, per esempio il famoso philly cheesesteak, uno dei simboli di Philadelphia, invenzione di un italoamericano venditore di hot-dog, Pat Olivieri, negli anni ’30: si tratta di un croccante sfilatino farcito con tagliata di costata di manzo saltata e formaggio fuso, arricchito con cipolle fritte, peperoni dolci, funghi rosolati in padella e ketchup; oppure un fishwich, un panino col merluzzo fritto, creato in Ohio nel ’62, imbevuto di una salsa tartara di yogurt, succo di limone, cipolla, cetriolini, senape di Digione, capperi, aglio, pepe, sale e aneto.
Perché mi guardi così ? Non ti piace l’aneto? Vuoi provare gli hamburger? Ce ne sono dodici tipi diversi, con montagna di patatine fritte inclusa nel prezzo: c’è il bullseye burger, ovvero a occhio di toro, con una fetta di cipolla pressata nella carne, bacon, e salsa barbecue; c’è quello hawaiano, con anelli d’ananas ai ferri e blue cheese; l’italiano, “di Luigi”, con salsa marinara, peperoni rossi arrosto, provolone; quello greco, con cipolle, pomodori, lattuga, tzatziki; il doppio hamburger da mezzo chilo (“per uomini affamati” è il nome) con cipolle saltate, funghi, bacon, e il formaggio che preferisci.
Capisco, vuoi qualcosa di più leggero. Ecco un insalata con fettine di tacchino, spicchi di mandarino e schegge di mandorle, condita con olio allo zenzero – magari chiediamo che non ci mettano la panna – oppure una di pollo affumicato, frutta fresca e fiocchi di latte, o ancora una giardiniera con pollo alla griglia e formaggio Cheddar – lo so lo so, non è semplice mangiare leggero in Florida. Finisci la tua birra che ordinamo un caffè e concludiamo con una grossa porzione di apple pie, la torta di mele, una delle massime quintessenze americane – eppure, non è americana: la prima ricetta scritta risale al 1381 e viene dall’Inghilterra.
Emanuele Pettener, nato a Mestre, insegna Lingua e Letteratura italiana alla Florida Atlantic University (Boca Raton, Florida), dove nel 2004 ha conseguito un Ph.D in Comparative Studies. Ha scritto numerosi articoli e racconti apparsi su riviste statunitensi e italiane. È autore dei romanzi È sabato mi hai lasciato e sono bellissimo (Corbo, 2009), Proust per bagnanti (Meligrana, 2013), Arancio (Meligrana, 2014), e Floridiana (Arkadia, 2021). Ha pubblicato il saggio Nel nome del padre del figlio e dell’umorismo. I romanzi di John Fante (Cesati, 2010) e, in inglese, la raccolta di brevi racconti A Season in Florida (Bordighera Press, 2014, traduzione di Thomas de Angelis).
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