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Immagine del redattoreRedazione TheMeltinPop

Ritratti di donne 2. Sibilla Aleramo, Antonia Brico e Claude Cahun




"Ritratti di donne 2"(Morellini Editore), storie di donne scritte da donne.

Ventisette nuove storie per altrettanti personaggi femminili, figure che hanno lasciato un segno, che si sono distinte nel campo in cui hanno messo a frutto il loro talento, la loro determinazione, il loro coraggio. Piccoli ma significativi frammenti delle loro vite, ancora una volta raccolti e raccontati con passione dalle allieve della scuola di scrittura La Fabbrica delle storie della scrittrice Sara Rattaro.



 


Loretta Ricchiuti presenta Sibilla Aleramo



Perché hai scelto proprio questa donna?


Da Wikipedia

Sibilla Aleramo, il cui nome evoca le vergini profetesse ispirate dal dio Apollo, è stata una donna dalla personalità complessa, articolata e seducente, che ha precorso i tempi e, nonostante le avversità personali, ha continuato ad esprimere, nell’arte e nella vita, le sue idee di libertà e di indipendenza, e la capacità di rinascere anche attraverso scelte ribelli e anticonformiste.


Cosa le diresti oggi se potessi incontrarla?


Pochi giorni prima di compiere 80 anni, Sibilla scriveva a Mondadori, che rifiutava di ristampare i suoi libri, «Perché sono un poeta, la sola donna poeta oggi nel paese, perché il mio primo libro “Una Donna” avrà a novembre cinquant’anni, perché i giovani si stupiscono ch’io, mezzo secolo fa, scrivessi per i giovani d’oggi e per quelli che vivranno il secolo venturo. (…) Io ho dinanzi a me il futuro, anche se voi non lo credete». Ecco, se la incontrassi oggi, le direi che quel futuro l’ha avuto e ce l’ha tuttora dinnanzi a sé, e che, dopo oltre più di un secolo, il suo romanzo “Una donna” ha ancora molto da dire alle nuove generazioni, con il suo pensiero modernissimo sull’identità femminile e la sua evoluzione da “oggetto desiderato” a “soggetto desiderante”.


Una curiosità in più su di lei che racconteresti ai nostri lettori?


All’età di trentanni, Sibilla ha partecipato al primo Congresso Nazionale delle Donne Italiane (nel 1908), inaugurato dalla Regina Margherita, davanti ad oltre millequattrocento donne, insieme a molte esponenti del femminismo italiano ed internazionale. Tra queste, la scrittrice Cordula (Lina) Poletti, la “fanciulla maschia”, allora 23enne, una delle prime donne in Italia a dichiarare apertamente la propria omosessualità.Le due ebbero una relazione appassionata (nonostante la Aleramo vivesse con Giovanni Cenadal 1902), condividendo, oltre alla vocazione per la scrittura, anche l’impegno per il cambiamento sociale della donna e l’attività filantropica, tra cui la creazione di scuole per i contadini nell’Agro Pontino, in mezzo alle paludi malariche, ed i soccorsi alla popolazione siciliana e calabrese colpita dal terremoto del dicembre 1908. La loro fitta corrispondenza è contenuta integralmente nel libro "Sibilla Aleramo, Lettere d’amore a Lina".



Raccontaci qualcosa di te e della tua passione per la scrittura.


La scrittura, l’amore per i libri e per le parole mi accompagnano ogni giorno fin da piccola, con curiosità e senso di meraviglia. Nel gesto di scrivere trova sfogo un’inclinazione naturale, una spinta istintiva e pulsante, che fuoriesce anche in luoghi e tempi impensati, chiedendo di essere cristallizzata lì. L’ultima volta, pochi giorni fa a Londra, immersa nel verde di Hyde Park, è arrivata l’ispirazione per il mio prossimo racconto.



 


Evelina Proli presenta Antonia Brico



Perché hai scelto proprio questa donna?


Da Wikipedia

Fin dalla prima volta che mi sono imbattuta nella sua immagine o ancor più in uno dei rari video che la ritrae mentre dirige l’orchestra, ne sono rimasta affascinata. Non conoscevo la sua storia, le sue lotte, ma quel volto dai lineamenti marcati che non riescono a celare un animo gentile, mi ha catturata.  Amo la musica classica e osservare la sua direzione è stata un’emozione. La passione e il talento si sprigionano dal suo sguardo che trafigge il musicista chiamato a suonare la sua parte, un sopracciglio s’inarca per chiamare il soffio del flauto e la bacchetta danza con gesti precisi e impeccabili. La direzione di Antonia Brico ti trascina nel vortice emotivo in cui lei stessa ondeggia.

Ha avuto un’infanzia difficile, una famiglia adottiva che non le ha dato l’affetto di cui aveva bisogno e un grande sogno in cui rifugiarsi: dirigere un’orchestra. La determinazione e la tenacia oltre che naturalmente il grande talento e l’amore per la musica, le hanno permesso di raggiungerlo diventando la prima donna direttore d’orchestra, un ruolo fino a quel momento precluso al genere femminile.

 

Cosa le diresti oggi se potessi incontrarla?

 

Se oggi avessi la possibilità e l’onore di incontrarla, le direi che c’è bisogno di lei, del suo femminismo, del suo esempio di tenacia e coraggio per aiutare una società ancora troppo maschilista. Le chiederei di insegnare ai bambini a non rinunciare ai propri sogni anche quando sembrano impossibili da realizzare.


Una curiosità in più su di lei che racconteresti ai nostri lettori?

  

Antonia ha iniziato a suonare il piano su suggerimento di un medico per migliorare e guarire dall’onicofagia cioè la compulsione a mangiarsi le unghie. Non so se servì a tenere a bada il suo vizio, di certo le fece scoprire il suo talento e la grande passione per la musica.

 

Raccontaci qualcosa di te e della tua passione per la scrittura.

 

Ho sempre amato scrivere e fin da piccola ho tenuto tra le mani un libro da leggere.

La scrittura e la lettura corrono sulla stessa pista e l’una beneficia dell’altra.

In questi ultimi anni ho imparato che la scrittura non s’improvvisa, ma occorre studiare e anche molto. Grazie a Sara Rattaro che ringrazio sempre per essere capitata sulla mia strada, ho potuto affinare la tecnica e ampliare la mia cassetta degli attrezzi.

“Ritratti di donne 2” non è la mia prima pubblicazione: nel 2020 ho pubblicato un racconto breve, “Il dono del faggio” e un romanzo “Attraverso la parete”, nel 2022 il romanzo “Le farfalle di Villa Giulia”. E spero di pubblicare ancora!

 

 


 

 

Piera Cavalieri presenta Claude Cahun



Perché hai scelto proprio questa donna?


Da Wikipedia

 

Mi occupo di fotografia da un bel po’ di anni e mi è apparso naturale  scegliere  Claude Cahun, un’artista fotografa che amo molto per la sua potenza innovativa e rivoluzionaria,un vero spirito libero  che con  la sua arte ha sfidato anche il regime nazista, fino a rischiare  la sua stessa vita.Negli autoritratti fotografici ha messo in scena il proprio corpo e i suoi travestimenti battendosi contro lo stereotipo della femminilità  e dell’identità singola. Niente a che fare con le cartoline di eleganza e sensualità femminile degli inizi Novecento, Cahun mescola su di sé maschile e femminile.Teatrale e ironica anticipa il dibattito sulla fluidità di genere. Indossa abiti maschili, mette pesante trucco sulle guance e sugli occhi e si disegna i capezzoli sulla maglia. Medusa, marinaio, dandy, Buddha sono solo alcuni dei suoi travestimenti. Il suo percorso artistico è una continua metamorfosi alla ricerca di un’identità. Non si riconosce in un genere e sarà lei ad affermare : “Neutro è il solo genere che mi si addice.” Il suo travaglio esistenziale ha generato delle fotografie che meditano sulla sua storia familiare e sul suo tempo ma ci fanno pensare a come noi costruiamo la nostra identità, a quanto le prevaricazioni private possono appesantire e al tempo stesso rendere capaci di resistere seguendo un’idea alta di creatività  e bellezza.

 

Cosa le diresti oggi se potessi incontrarla?  


Le chiederei se davvero pensava, come si legge, che molte delle sue fotografie non dovessero diventare pubbliche, e soprattutto perché? Purtroppo i  nazisti  perquisirono più volte la casa di Claude e Suzanne, un rifugio immerso nella natura rigogliosa dell’isola di Jersey, e distrussero molti lavori ritenendoli pornografici. Per fortuna molte opere sono arrivate fino a noi e ne è affiorato il valore. Vorrei sapesse quanto è importante oggi leggere i suoi pensieri, quanto i suoi autoritratti siano contemporanei e quanto da lei abbiano attinto gli artisti del nostro tempo.


Una curiosità in più su di lei che racconteresti ai nostri lettori? 


A sancire la loro relazione sia affettiva che artistica, Claude Cahun, pseudonimo di Lucy Schwob,e  Marcel Moore, pseudonimo di Suzanne Malherbe, inventano un loro simbolo visivo. Disegnano una figura composta da una scarpa a tacco alto, che sostiene un occhio e una bocca su cui poggia una mano e un insieme di  lettere, L, S, M, che compongono le iniziali intrecciate dei loro nomi che suonano come Elles s‘aiment, si amano.

 

Raccontaci qualcosa di te e della tua passione per la scrittura.


Scrivo critica fotografica da molti anni e a un certo punto ho sentito il bisogno di percorrere la strada della scrittura creativa. Ho fatto diversi corsi e con Sara Rattaro ho scoperto che le biografie, lo studio che necessitano e nello stesso tempo l’immedesimazione che consentono, sono un tipo di narrazione per me di grande soddisfazione.

 

 

 

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