Questione di razze e rivoluzioni: le recensioni di Valerio Calzolaio
- Redazione TheMeltinPop
- 25 feb
- Tempo di lettura: 5 min

di Valerio Calzolaio
Il ritorno della razza. Alle radici di un grande problema politico contemporaneo
Il Mulino Bologna 2025
Andrea Graziosi
Pianeta. Ultimi millenni. Gli esseri umani, nella loro infinita varietà e diversità, sono tali in quanto individui dotati di ragione, lingua, coscienza e libero arbitrio e non perché appartengono a questo o quel gruppo collettivo o categoria nazionale, razziale, sociale ecc. Queste categorie possono essere e spesso sono espressione di differenze reali e sono altrettanto spesso utili, e persino indispensabili, all’analisi della realtà. Ma anche quando lo sono è fondamentale ricordare che si tratta comunque di nostre creazioni intellettuali transeunti e instabili. Se reificate come entità superiori agli individui che le compongono queste categorie possono portare alla catastrofe, a conflitti, a sofferenze e “bestialità”.
Fino ai primi decenni del XX secolo il termine razza era di uso comune in molte lingue e copriva una vasta parte dell’area semantica della discendenza e delle diversità umane. A partire da circa un secolo fa teorie e pratiche mostruose spinsero l’intelligencija del nostro continente, anche quella che di razza aveva parlato senza problemi, a porre un tabù sul termine. Non accadde, però, in tutto il mondo e discutibili usi sono poi sempre continuati. Vale la pena, allora, ripercorrere la storia di un’idea e di un concetto fondamentali. Certo, ragionando anche istituzionalmente sulle principali esperienze fatte e sulle soluzioni cercate in altri paesi: l’utopia di società, stati e popoli etnicamente puri ha causato tante inutili sofferenze. Tuttavia, la razza, come colore ma anche come teorizzazione di una differenza “essenziale” di popoli-monadi, è purtroppo di nuovo con noi.

Lo storico Andrea Graziosi (Roma, 1954), esperto di storia sovietica e oggi docente all’università di Napoli, sta preparando da lungo tempo un corposo volume che dovrebbe ormai uscire entro un paio di anni e potrebbe intitolarsi "Uguaglianza e differenze. La storia vista attraverso la classificazione umana": razza appunto, ma anche popolo, nazione, lingua, etnia, tribù, religione, ceto, classe, casta, sesso età, quoziente di intelligenza, recidività ecc. In questo preliminare e agile testo, Graziosi si focalizza sulla storia dei paradossali e spesso tragici mutamenti e addirittura rovesciamenti di senso del concetto di razza, intrecciandolo con quello di popolo, nel senso etnico acquisito da quest’ultimo a fine Settecento. La narrazione segue nel corso del tempo i contributi più originali (giusti, sbagliati o detestabili che vadano considerati) e gli eventi più carichi di conseguenze per lo sviluppo di un’interpretazione della realtà e delle vicende umane come prodotto di categorie collettive basate sulla discendenza e spesso ordinate gerarchicamente, la razza prima di tutto.
I quattro capitoli scandiscono successivi lunghi periodi storici, i singoli pensatori e il contesto evenemenziale (senza appesantimento di note): le “radici” del concetto, dal mondo classico alle grandi scoperte europee simboleggiate dal 1492; la crescita della scienza e della potenza europee e le grandi rivoluzioni “illuminate” del XVIII secolo, sfociate paradossalmente in una politica fondata sull’identità e la discendenza; l’affermazione del materialismo, del “razzismo scientifico”e della supremazia bianca, accanto alla rivoluzione darwiniana e mendeliana, che distrusse le fondamenta intellettuali del concetto di razza, senza tuttavia impedire che esso traesse nuova forza dalla confluenza di nazionalismo, socialismo e imperialismo in un’interpretazione della storia del mondo come lotta tra popoli, razze e colori che purtroppo sembra oggi rinvigorita; il XX secolo, con le sue guerre terribili anche perché ispirate alle teorie della fase precedente, generatrici di politiche atroci, ma anche il secolo del rifiuto europeo del concetto di razza e infine del ritorno di questo concetto (da cui il titolo), trasformato in colore ma pur sempre contenente forti e pericolose, oltre che sbagliate, venature “razziste”. Doppia sintetica bibliografia finale, distinguendo i riferimenti essenziali e quelli utili “per approfondire”.
L’alba della storia. Una rivoluzione iniziata diecimila anni fa
Laterza 2024
Guido Barbujani
Terra. Ultimi diecimila anni, circa. La rivoluzione climatica, scientifica, tecnologica e sociale a cui, volenti o nolenti, partecipiamo, non è la prima. Forse ragionare su una rivoluzione che l’ha preceduta, anche se nella preistoria, può aiutarci a capire un po’ meglio cosa ci sta succedendo, e quindi a discriminare fra preoccupazioni giustificate (tantissime) e ansie infondate (parecchie anche loro). Le trasformazioni che si misero in moto nel neolitico diecimila anni fa ancora influenzano il nostro modo di lavorare, di vestirci, di mangiare, di confrontarci con gli altri membri della nostra comunità.
La rivoluzione neolitica ci ha cambiato i geni e qui il “ci” si riferisce proprio a tutti: umanità, animali e piante. Gruppi di individui della nostra specie si mettono a produrre il cibo di cui hanno bisogno, coltivando campi e allevando bestie e bestiole. Prima nel vicino Oriente, nella cosiddetta Mezzaluna Fertile e in Anatolia; qualche millennio dopo in Cina; ancora qualche millennio più tardi nell’America centrale e nelle Ande; e infine più o meno dappertutto. Con la maggiore disponibilità di cibo, la popolazione, piano piano, cresce. Le comunità diventano sedentarie: prendono forma i primi villaggi, che nei casi più fortunati daranno vita alle prime città. Ci si specializza in attività e arti connesse e ordinate, le società si articolano e strutturano. Genetisti e archeologi hanno, in particolare, ricostruito una grande migrazione demica dall’Anatolia verso Grecia e Cipro, poi verso l’Europa prima orientale e poi occidentale fino alla Spagna, ancora poi verso nord Europa e isole britanniche. Sulle gambe dei rivoluzionari, i primi agricoltori del vicino oriente, i geni delle prime popolazioni anatoliche sono penetrati, diluendosi a poco a poco, nelle popolazioni europee, cambiando mezzi di sussistenza e aspetto, paesaggi e stili di vita, una svolta cruciale, tale da segnare il limite fra un prima, la vecchia età della pietra, cioè il paleolitico, e un dopo, la nuova età della pietra, cioè il neolitico.

Il grande scienziato genetista Guido Barbujani (Adria, Rovigo, 1955) ha insegnato a New York e Londra, a Padova e Bologna, ora a Ferrara; da molti decenni studia e lavora pure sperimentalmente sul DNA; con l’usuale chiarezza divulgativa, il suo nuovo libro si concentra sui millenni dopo la fine dell’ultima glaciazione, con enfasi forse eccessiva sullo spartiacque storico evoluzionistico (da cui il titolo). I sette capitoli descrivono come il neolitico abbia rivoluzionato, tramite le migrazioni, i geni delle piante (il secondo), degli animali (quinto) e dell’umanità (quarto), abbia rinnovato parallelamente le nostre relazioni sociali (terzo) e le nostre lingue (sesto), mettendoci di fronte a situazioni inedite (primo), che però hanno a che vedere con il presente e addirittura con il futuro (settimo). Una nota “per saperne di più” si trova in fondo a ogni capitolo, con un’aggiornata bibliografia essenziale per paragrafi, spunti e citazioni del testo, accompagnato anche da qualche utile figura e mappa colorata. Ogni tanto appare una parola in arancione, che rinvia al piccolo glossario finale di oltre cento termini o categorie o concetti (da adattamento a Yamnaya) spiegati con qualche frase (in modo impreciso nel caso di “migrazione”, che qui diventa ogni “spostamento di individui o popolazioni attraverso lo spazio geografico”; nel testo l’uso è invece quasi sempre corretto e pertinente).
La genetica ha davvero molto a che fare con la nostra vita, l’autore ricorda anche aneddoti, aspetti e controversie del proprio percorso scientifico: ancora non siamo riusciti a tracciare una linea chiara fra ciò che è utile o lecito fare delle nostre biotecnologie, ma neanche a prevedere quanto si nasca intelligenti, o timidi, o propensi ad ammalarci di certe malattie, e quanto invece lo si diventi. Possiamo invece dire con tranquillità che la sostituzione etnica è una bufala, e che le discussioni sulle razze umane andrebbero lasciate alle spalle perché non portano a niente e non servono a niente. Ribadisce Barbujani: la conoscenza e la scienza sono il vero terreno comune su cui incontrarsi.
Valerio Calzolaio (1956) è giornalista e scrittore. Professore di Diritto Costituzionale

all’Università di Macerata, è stato deputato per quattro legislature e sottosegretario al ministero dell'Ambiente dal 1996 al 2001. Tra i suoi libri ricordiamo Ecoprofughi. Migrazioni forzate di ieri, di oggi, di domani (NDA Press, 2010). Per Einaudi ha pubblicato, con Telmo Pievani, Libertà di migrare (2016), Isole carcere. Geografia e storia per EGA-Edizioni Gruppo Abele (2022), Angolature noir per Linea Edizioni (2024).
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