di Giusy Laganà
"Una lettera: un foglio che diventa un muro. Che cosa ci sta dietro a quelle parole che non rispondono all'affanno delle domande, ma ripetono una voce, un'apparenza a cui la mano le ha improntate, forse in fretta e distratta?"
(Il Giunco, Pia Rimini)
Leggere Pia Rimini è qualcosa di intimo, travolgente, primordiale. Ha la capacità di sondare i sentimenti delle donne in una dimensione ancestrale che ormai si è persa. Per questo ho voluto accogliere con gioia la proposta dell'editore Readerforblind di scriverle una lettera che spero possiate fare vostra e vi inviti a scoprire questa autrice troppo dimenticata ma così importante per la letteratura.
"Cara Pia,
ogni volta che sfioro le tue parole mi viene in mente un'immagine, la tua, di donna forte, decisa ma ferita da tutto quello che avrebbe voluto avere e che non ha ricevuto. Leggendoti non posso non pensare a donne nella letteratura che, prima di te, si sono immolate in nome di un amore o tanti amori che le hanno disilluse, ferite e infine uccise.
A distanza di tanti anni, torni nel nostro tempo, in una società diversa per tanti aspetti dalla tua così crudele e feroce, ma per molti lati umani non così tanto lontana.
Ne L'amore muto e ne Il Giunco parli della tua ricerca costante di luce buona, travolgente, pura. Il tuo errore, come quello di molti, è stato cercarlo nelle persone, nei sentimenti, nell'amore travolgente. La luce, se cercata nei posti sbagliati, porta solitudine e nostalgia di ideali che non esistono.
L’amore nella tua scrittura è disatteso, distruttivo, mancato. Il sentimento raccontato è di natura malvagia, rovina le brave ragazze, infanga il loro futuro, le marchia a vita. Tutto diventa menzogna dopo il sortilegio. Le molestie e gli abusi fanno parte dei giochi di potere del mondo maschile vile, prepotente ed egoista. La sottrazione non viene accettata, il rifiuto femminile non è contemplato. Qui le classi sociali diventano manifestazione storica proprio di quei giochi di potere e gli strati più abbietti sono senza futuro e pieni di miseria. Il sesso rimane solo una questione di sottomissione per soddisfare meri bisogni fisici. È illusione temporanea di appartenenza, una breve fuga dai doveri coniugali.
L'amore è un'altra cosa, Pia. Non è fisicità senza promesse mantenute, non è sfiorare la pelle dell'altro per farne una poesia falsa e fugace. È solo una breve bugia che s'infrange alla luce del sole. È un’onda che arriva e che ti crea spossatezza, ti muove tutto quello che hai dentro sapendo che la prossima onda sarà diversa e che quella di prima non tornerà più.
Le donne sono protagoniste indiscusse dei diciotto racconti pubblicati a luglio 2021 da Readerforblind nella collana Le polveri con L’amore muto, dopo una nuova edizione del primo romanzo del 1930, Il Giunco, ripubblicato nel 2017 per merito di Antonio Tombolini Editore e successivamente da Readerforblind.
Mi ha colpito molto la figura di Maria ne Il Giunco perché insiste, non si arrende, prima con Cesco, poi con Guido e altri dopo. Persegue quel desiderio di amore travolgente che esiste solo nei film e nei grandi romanzi, ma si scontra con figure maschili fugaci e aride.
Maria è una giovane ragazza perdutamente innamorata di Cesco, l'uomo con cui ha vissuto una forte passione ma che è scomparso senza darle spiegazioni. Dopo la sua dipartita, Maria si attacca alla vita con una sconfinata voglia di vivere. Si sente vicina alla terra, le emozioni le ricordano i momenti allegri di quando era bambina. Capisce che avrebbe potuto cercare la verità che aveva voluto nascondere nella bellezza della natura: un fiore che sboccia, la leggerezza della rugiada, il battito d'ali di un uccello, una foglia caduta, una piuma abbandonata, un fuscello disperso.
Soffre per aver ignorato tutto questo; soffre per non aver vissuto più attenta alle cose di tutti i giorni, per sentirne le voci e i profumi che forse avevano il sapore di felicità, per godere semplicemente della sana voglia di vivere. Si addolora per il suo cuore ferito e ingannato, credendo fino all'ultimo alle bugie e rifugiandosi nel silenzio.
Nel silenzio sente che le cose hanno una loro vita cui alla luce si sovrappone il riflesso della nostra esistenza. Mentre nell'oscurità l'anima delle cose affiora, bisbiglia e offre le sue segrete voci che sembrano misteriose solo perché sono fatte di semplicità.
Pia, hai la caratteristica di narrare storie di giovani fanciulle ingannate con promesse di matrimonio non mantenute, di raccontare l’amore nella sua dimensione più torbida e sporca. Il dare e avere è ricco di solitudine, di angoscia e smarrimento. Tutto è teatrale, fittizio, ingannevole.
Le donne che racconti sono solitarie, immerse nella malinconia di quello che hanno provato, anche solo per qualche minuto, e che non tornerà più.
In queste pagine, gli uomini sono figure codarde che fuggono pur di assumersi le proprie responsabilità. Non vi è comunicazione con loro: le parole scompaiono sotto il peso dei corpi, i silenzi fanno spazio ad affannai e sospiri.
In fondo, anche oggi poco è cambiato Pia. Gli uomini, come le donne, rimangono e continuano ad essere figure vili che mirano alla scalata sociale, al soddisfacimento dei propri bisogni per poi dileguarsi. Solo, con molta fortuna, s'incontra chi ha la luce dentro e domina il buio. Purtroppo, l'oscurità soffoca la luce nella maggior parte di chi incontriamo. Vince chi fugge, chi non prova nulla se non il perseguimento dei proprio obbiettivi personali. Vince il codardo, il vile, il fuggitivo.
Anche oggi, nonostante la ricca comunicazione di rete che abbiamo, comunicare con l'altro rimane difficile e complesso. Come nel tuo tempo, il sentimento è un miraggio di acqua in un grande deserto arido e secco.
Mi piace Pia che, nelle donne che descrivi, cerchi, come Maria ne Il Giunco, il senso del distacco da tutte le cose intorno. Le pareti sono lontane e i contorni delle cose sbiadiscono, s'offuscano, si perdono nel senso di oppressione. Una densità nebbiosa ti abbraccia per poi disperdersi in un attimo. Poi il coraggio viene fuori, solo qualche volta si piega a guardare il domani, immaginandolo come lo avresti voluto. Maria sarebbe andata fiera nella vita, fiduciosa e vittoriosa. Il suo orgoglio saliva e ripensava a chi l'aveva abbandonata, delusa, mortificata. In quella solitudine nasce un rombare d'odio, mentre, alimentata da due voci, ne esce un desiderio di libertà pieno di vita che le rinfranca l'anima.
Maria, Teresa, Cicciotta hanno subito l'ardore di un lui, la cui voce sommessa sussurrava desideri segreti, seguiti nel buio come chi conosce la strada ma stenta poi a ritrovare la luce, con gli occhi spalancati nell'oscurità, sperando di accordarsi a quel fremito che non sapevano raggiungere.
Le storie narrate prendono spunto in primis dalla tua esperienza personale. La tua vita fu segnata, in età giovanissima, da una gravidanza senza matrimonio, che si concluse con il bambino nato morto (siamo alla fine della Prima guerra mondiale, qui torna sempre la trasposizione romanzesca di Pia Rimini nelle sue opere).
Successivamente, da adulta, sposi un uomo molto più grande, da cui divorzi dopo pochissimo tempo. Cosa cercavi Pia? Cosa avresti voluto per una donna come te? Cosa hai provato quando, deportata, hai compreso una fine che non meritavi?
L'amare se stessi è quella luce che non deve spegnersi mai. Non esiste amore completo e travolgente come quello che si prova per sé stessi, la prima vera forma di libertà che illumina ogni cosa, chiudendo le porte all'oscurità cara Pia.
Nel mio racconto Una porta blindata pubblicato su The Meltin Pop, vi è un'altra Maria che racconta la solitudine negli occhi di sua figlia e nel pancione che cresce con un nuovo figlio abbandonato dall'amore che lei ha tanto cercato di catturare.
Siamo donne Pia, creature che vivono per quell'attimo che le cambierà la vita, inconsapevoli di un dettaglio importante che ignoriamo: la luce è dentro di noi, non abbiamo bisogno di nessuno per illuminarci, dobbiamo solo imparare a seguirla."
Pia Rimini, nata a Trieste nel 1900, è stata una donna affermata e conosciuta tra gli anni Venti e Trenta del secolo scorso, capace di guardare avanti, controcorrente, riformista; ha partecipato alle prime associazioni femministe, e ha preso spunto dal suo vissuto per parlare del ruolo della donna. Ha pubblicato novelle e romanzi che furono menzionati, per la loro importanza, in testate giornalistiche come il “Corriere della sera”, il “Giornale d’Italia” e il “Popolo d’Italia”.
Nel 1944 venne deportata ad Auschwitz per via del suo cognome ebreo e da quel momento si è persa ogni sua traccia. Non sappiamo quando e dove sia morta. Quello che sappiamo è che non è mai tornata a casa e per molti anni sua madre ha continuato a firmare con il suo nome i biglietti di auguri che regalava durante i periodi di festa.
Giusy Laganà, classe 1987, laureata in Sociologia e Direzione d’impresa con un Master in Comunicazione Social, admin di www.viaggiletterari.com e Live Libri in Diretta, ha pubblicato il racconto “La falena e la lampadina” (Tulipani edizioni), La casa azzurra nell’antologia Cento Parole (Giulio Perrone) e articoli su alcune riviste (Kitez, Grado Zero).
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