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Nel tempo sbagliato. Bacci Pagano e il nuovo millennio.




Autore: Bruno Morchio Editore: Garzanti Collana: Narratori moderni Anno edizione: 2021


“Attraversare in Vespa il ponente genovese, da Sampierdarena a Multedo, era come compiere un viaggio nel tempo prima che nello spazio, incunearsi nella città perduta dove i vuoti lasciati dalla smobilitazione industriale erano ferite ancora aperte che sanguinavano, edifici fatiscenti di fabbriche dismesse che presto avrebbero cessato di essere nobilitati anche dalla memoria, perché in quegli anni l’unica cicatrizzazione possibile sembrava l’oblio.”

Siamo nel maggio del 1994, il centrodestra di Silvio Berlusconi ha vinto le elezioni ed è al governo, Sarajevo è ancora sotto l’assedio delle truppe serbe e il mondo ha appena perso Kurt Cobain e Ayrton Senna. Il millennio sta andando verso la sua fine e il futuro sembra mostrarsi opaco e rivestito di incertezza.

Questi sono i pensieri che occupano la mente di Bacci Pagano mentre in sella alla sua Vespa percorre il tratto di strada che unisce il centro del capoluogo ligure e la prima parte di costa della Riviera di Ponente, vedendo scorrere a fianco a sé i resti ossificati di quello che era stato dal dopoguerra lo scheletro portante dell’economia genovese, l'industria. Capannoni, altiforni, raffinerie, giganteschi serbatoi, enormi silos: di tutto l’apparato industriale, che per anni aveva mortificato la bellezza della città regalandole oscurità e ruggine, non restano che residui fatiscenti e abbandonati. Genova sta cambiando aspetto, alla vocazione all’industria pesante cerca di farne seguire una turistica, imbellettando la parte di sé che ha a lungo trascurato, senza tuttavia riuscire a coprire le sue ferite. E senza riuscire a ritrovare un’anima.


“Non basta la bellezza, non bastano le pietre delle strade e dei palazzi millenari se gli uomini che li abitano lo fanno come clienti d’un motel affacciato sull’autostrada.”

Ne “Il tempo sbagliato”(Garzanti), la nuova avventura dell’investigatore genovese Bacci Pagano, l’autore Bruno Morchio trasforma il suo personaggio in un’insolita cassandra, che si muove tra la nostalgia di un passato imperfetto ma avvertito come fertile e l’angoscia per un futuro isterilito dalla desertificazione degli ideali, nel quale non vede un posto per sé. Il disagio di Bacci è molto lontano dai facili entusiasmi per l’arrivo di un tempo nuovo, dove la felicità sarà a portata di un clic, le relazioni si condenseranno nei pochi centimetri quadrati di una batteria al litio e la vecchiaia si potrà ingannare con un passaggio di bisturi. Bacci avverte forte l’“horror vacui”, un timore del vuoto che sembra aspettarci al di là della china, dove forse il paesaggio sarà per lui irriconoscibile e l’adattamento impossibile. Ciò che resta alle spalle appaiono relitti perduti, scarti senza più possibilità di utilizzo o di redenzione.


“Cosa ci farò io nel terzo millennio? Avrò ancora un posto – e la mia vita un senso – nell’universo?”

In questo romanzo Bacci deve destreggiarsi tra due traslochi, da una casa all’altra e da un millennio all’altro ed entrambi non sono facili. È frastornato, in fondo consapevole che il cambiamento porta sempre con sé un distacco, dalle persone, dalle cose, dalle abitudini, dalla consuetudine di prospettive collaudate. La separazione dalla moglie Clara e l’allontanamento forzato dalla figlia Aglaja lo amareggiano tanto quanto il suo sentirsi inadeguato a un mondo che comincia a non riconoscere più come suo. Un metronomo che ha accelerato il suo tempo a cui lui teme di non riuscire a stare dietro.


“Ma vedo intorno a me un mondo che non è più casa mia. Una città che non è più la mia città, tutta leccata per i turisti, le case fatiscenti e quelle restaurate in attesa di essere derattizzate dalla povera gente che le abita. E il secolo, anzi il millennio, che arriva alla velocità della luce e sta per travolgermi.”

Confuso e insicuro, ancora attorniato da scatoloni e precarietà, l’investigatore viene contattato da Carlo Pizarro, un broker di mezz’età che si rivolge a lui perché gli ritrovi la giovane moglie Myra, scomparsa inspiegabilmente una domenica mattina. Arricchitosi negli anni della spregiudicatezza finanziaria e azionistica, Pizarro è un uomo consapevole di non aver realizzato nulla di concreto o di trasmissibile e nutre una triste nostalgia per un passato che non ha realmente vissuto ma che avverte come un’età dell’oro irripetibile. Nella moglie Myra, giovane studentessa ucraina che si pagava gli studi facendo l’entraineuse in un night club, Pizarro ha ritrovato il volto di una soubrette degli anni ’60/’70, la bionda Sylvie Vartan che ammaliava tutti cantando Irresistibilmente, e ha scorto un entusiasmo e un amore per la vita tipico di quei decenni che lo hanno sedotto.

Bacci accetta l’incarico e si mette sulle tracce di Myra, seguendo i fili tessuti dal suo passaggio e ricostruendo il suo mondo. Parla con le persone che l’hanno conosciuta, la cerca prima nei loro racconti, nell’immagine che loro hanno di lei, la cerca nelle passioni che le appartengono, nei suoi sogni, nei suoi progetti, nelle ambizioni da studiosa di lettere classiche. Ogni voce racconta la "sua" Myra, così come lei si è data loro. E a mano a mano che la sua figura acquista tridimensionalità, il mondo che l’ha circondata sembra farsi più opaco, privo di luce e di sostanza. Quasi lei non vi appartenesse del tutto. Lei così libera e viva a tal punto da sembrare irraggiungibile.


“[…] dico che la sua è una vocazione. Attraversa qualunque territorio con leggerezza, per esplorarlo a fondo, e questa è l’attività in cui riversa tutta la sua passione.”

Tutta la vitalità che emerge dalla personalità di Myra procedendo con l’indagine rivela l’apatia, peggio, la paralisi mascherata da nostalgia, da cui è affetta tutta la generazione che si approssima da perdente alla fine del secolo e del millennio e che coinvolge Bacci stesso. E di cui, per risolvere il caso, lui dovrà liberarsi. Un oppio, la nostalgia, che ha finito per offuscargli lo sguardo. E sarà Mara, la giovane donna con cui ha una relazione, a metterlo di fronte all’evidenza dei fatti e a permettergli di giungere alla soluzione del caso altrimenti sfuggente come l'ombra della giovane studentessa ucraina.


“Questo è il modo in cui finisce il mondo, non con uno schianto ma con un …”
“Piagnisteo, Bacci. Il mondo finisce con un piagnisteo. Ecco quello che sei diventato: un uomo impagliato.”

E la soluzione arriverà per Bacci Pagano quando infine prenderà atto che la vita è e sarà sempre tùtto ûn sùssa e spùa, che sono molte le lische da ingoiare e davvero poco il gusto che se ne ricava.



 



Bruno Morchio è nato a Genova, dove vive e dove ha lavorato come psicologo e psicoterapeuta in un consultorio familiare pubblico. Ha scritto numerosi romanzi con protagonista il personaggio dell’investigatore privato Bacci Pagano (editi da Fratelli Frilli Editori e successivamente da Garzanti), la cui ultima avventura, uscita nel 2021, è Nel tempo sbagliato. Nel 2015 è uscito per Rizzoli Il testamento del Greco, nel 2017 il noir Un piede in due scarpe e nel 2020 Dove crollano i sogni. Nel 2021 viene pubblicato da Garzanti Nel tempo sbagliato.

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