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Mondi (in)finiti (Montag) Racconti fantastici di Maurizio Galeazzo


Edizioni: Montag

Autore: Maurizio Galeazzo


Dalla prefazione di Bruno Morchio


Quando l’amico Maurizio Galeazzo mi ha chiesto di scrivere la prefazione al suo Mondi (in)finiti. Racconti fantastici, ho detto subito di sì, per sorprendermi poco dopo e chiedermi “Perché l’ho fatto?”. Il “genere” praticato dall’Autore, infatti, non mi è congeniale e, anche come lettore, non l’ho frequentato se non molto tangenzialmente.


E partirei proprio da qui: a quale genere ascrivere questi racconti, di “quattro o cinque pagine in formato A4, carattere Calibri e corpo 12”? È Galeazzo stesso, nell’ultimo – quello che potremmo definire una meta-racconto – , a indicarci l’autorevole background da cui ha preso le mosse, quando parla della “caratteristica principale della sua modalità di scrittura, coniugata con la produzione di storie fantastiche con finali, a detta di tutti, decisamente imprevedibili. Il suo stile era una via di mezzo tra la letteratura fantastica e surreale che poteva avere come riferimento scrittori come Poe, Kafka, Borges, Calvino fino al contemporaneo Stefano Benni, per citarne solo alcuni e senza voler azzardare alcun ardito e rischioso paragone, e la Sci-Fi, riferendosi per quest’ultima ad autori come Clarke, Bradbury, Dick o al “maestro” Asimov, anche in questo caso non volendo in alcun modo osare confronti, seppur forse più facilmente sostenibili”.

Si tratta di narrazioni talvolta in prima persona (Universi paralleli, La stanza chiusa, Una nuova vita, L’uomo che non c’è), ma generalmente in terza che, lasciando ancora la parola all’Autore, descrivono “mondi che finiscono e mondi che durano per un tempo infinito… mondi diversi e mondi in spazi e tempi differenti tra loro… esseri umani o non umani che li abitano, che credono di abitarli o che li hanno solo immaginati. Esistono storie reali e storie che solo la mente crea”.


Da quanto detto si evince che i testi non sono strettamente riconducibile ai canoni del genere fantascientifico, per quanto la fantascienza costituisca la fonte di ispirazione prevalente, ma con un intento più sottile, quello di scompaginare attraverso la scrittura le abituali coordinate spazio-temporali, stimolando interrogativi esistenziali che arrivano sempre “dopo”, quando la conclusione a sorpresa ci lascia per un attimo felicemente disorientati. Infatti, a rileggere racconto dopo racconto, si coglie un filo rosso che riporta a un tema che ha segnato profondamente la filosofia e la psicologia, nonché tutte le cosiddette scienze umane, quello dell’identità. In alcuni testi la cosa si fa esplicita (Il messaggio nella bottiglia, Niente è reale, L’amico immaginario), in altri è più sfumata, ma questo sembra comunque il motivo centrale, il motore che genera la storia. Non a caso in queste brevi narrazioni ci imbattiamo in psicologi e psichiatri, chiamati a tracciare un improbabile confine tra “mondo interno” e “ mondo esterno”, in contesti dove l’immaginazione detta le regole e rende impossibile tale operazione. In questo senso l’aggettivo “surreale” trova un’applicazione perfetta a definire la raccolta.

Alcuni testi richiamano temi tipici del genere, dal viaggio nel tempo all’incontro con esseri di altri mondi, in qualche racconto fa capolino (non senza una sfumatura ironica) il motivo distopico della fine del mondo, con una costante che appartiene alla letteratura “Sci-Fi”, cioè la partenza dimessa, che ci introduce in un ambiente normale, dove si vivono esistenze ordinarie, che all’improvviso viene sconvolto da un accadimento la cui natura rimane ambigua fino alla fine. Interessante diventa seguire lo stato d’animo dei personaggi mentre attraversano questo percorso di iniziazione che li porterà a una inedita conoscenza di se stessi e del mondo. Galeazzo è bravo a segnare questi passaggi con pochi, essenziali tocchi. Perché altra caratteristica della raccolta è il suo carattere minimale, rapido, ogni storia è una miniatura racchiusa in poche pagine e ogni dettaglio è essenziale, finalizzato a comporre una coerente trama narrativa destinata a concludersi in un breve giro di prosa.

Notevole anche la ricchezza degli scenari geografici e storici che fanno da fondale alle storie. Questo gioco con lo spazio e il tempo è ben esemplificato in una racconto, Universi paralleli, dove si passa da un’azione partigiana contro i nazisti in Val Trebbia a una scena di caccia del Neolitico a una incursione corsara nel Mar dei Caraibi ai primi XIX secolo a una rapina in banca a Manhattan a una scena western alla rivoluzioni dei garofani nel Portogallo degli anni Settanta.

Galeazzo si diverte a collocare le sue “avventure della mente” nei contesti più disparati e questa operazione arricchisce la lettura, conferendole respiro e stimolando la curiosità del lettore.

In ultimo segnalerei la coerenza narrativa alla base di questi ventidue “tasselli” che compongono il mosaico. Pur collocati in scenari così diversi fra loro, i racconti sono mossi da un’ispirazione unitaria − tematica e stilistica − che dà loro un baricentro e una struttura, tale da rendere omogenee le emozioni che suscitano e le domande che stimolano nel lettore.





Maurizio Giuseppe Galeazzo vive a Genova assieme alla sua compagna Elisabetta e al suo cane Zazzà.

Laureato in Lettere e in Scienze Politiche, non ha mai avuto esperienze letterarie fino alla primavera del 2020 quando ha iniziato a scrivere, semplicemente per suo diletto, costretto in casa per quasi tre mesi, come altri suoi connazionali, dalla pandemia.

Mondi (In)finiti è il suo esordio editoriale.


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