Libertà nasce come testo introduttivo alla rubrica Omnes natura parit liberos. Tale concetto, per quanto difficile da comprendere nella sua profondità, ha diverse sfaccettature: alcune leggere altre dal sapore amaro. Ad ogni modo, la libertà di espressione, un diritto inalienabile, vuole dare la possibilità a tutti di esprimersi senza vincoli. Perciò, grazie alla collaborazione con TheMeltinPop avrò l’occasione di raccontarvi diverse storie intrecciate alla nostra quotidianità e non solo, dando voce a chi l’ha persa.
Se potessi scegliere un colore da associare alla parola libertà, sceglierei l’azzurro. Come il cielo e come il mare. Un colore tenue che sembra possa sbiadirsi da un momento all’altro proprio come la libertà: oggi c’è, domani potresti non goderne più. Sono nata a Genova, una città stretta e lunga, dove per molto tempo mi si è incollata alla pelle tanto da farmi sentire imprigionata. Dopo innumerevoli addii e fughe da quel luogo mi sono accorta che Genova, con il suo mare, i suoi caruggi e il suo odore di sale, è l’unico posto, in fin dei conti, dove mi sia sentita veramente libera.
Oggi parlare di libertà, durante una pandemia, non è così facile. Sappiamo che l’unico modo per fermare la diffusione di questo virus è stare lontani e rinchiusi nei propri confini comunali. Forse per la prima volta le nuove generazioni hanno compreso, solo in parte, cosa significa non essere liberi. Non credo che si possa paragonare al concetto di privazione legata ad una forzatura fine a sé stessa, i governi ci chiedono di non muoverci per il benessere dei tanti e non dei pochi. Ma comunque, dopo un anno, un po’ privata del movimento mi ci sento. Una mia carissima amica un giorno mi disse che l’uomo non ha radici, ha piedi e, con quelli, va ovunque. Siamo nati per andare e poi tornare, ma sempre in movimento. Ed è una frase a cui sono molto legata vista la fortuna che ho di essere nata in Europa e, che sin dai primi viaggi non ho mai avuto difficoltà ad attraversare confini differenti da quelli italiani. Nel 2021, per assurdo, ci è stato chiesto più volte di non oltrepassare il confine della nostra regione, ed è da un anno che non usciamo dal nostro paese. Non so se questa condizione può rientrare nel concetto di privazione della libertà, ma sicuramente bramo da mesi la sensazione di poter decidere qualsiasi destinazione, senza dover presentare un’autocertificazione sulla ragione del mio spostamento.
Il concetto di libertà è tanto vasto e profondo quanto banale se non si gli si dà il giusto peso. Fermarsi e comprendere davvero il sapore di questa parola è forse la cosa più difficile che abbia mai fatto. Posso definirmi una donna libera, solo grazie alla fortuna di essere nata nel paese giusto, nell’anno corretto e nella famiglia moderna. Ho sempre avuto la libertà di scegliere chi essere, di potermi esprimere in ogni occasione. Libera di amare chi voglio, libera di viaggiare verso ogni meta. Ma forse la libertà è solo fortuna. Penso alla Palestina dove i giovani non sono liberi neanche di ascoltare generi di musica alternativi a quelli decisi dallo Stato, penso ai migranti in Bosnia che non hanno la libertà di entrare in Europa. Penso alle donne private della loro essenza e della loro voce, dalla propria famiglia e dai propri mariti. E penso a chi ha perduto il diritto alla libertà, solo perché di un’altra etnia, religione, orientamento sessuale o politico. In effetti credo che la libertà che godo sia solo fortuna.
Mi è stato insegnato a leggere e informarmi molto e, grazie a queste due semplici azioni, ho scoperto il significato della privazione, della chiusura, della paura e poi della riconquista della possibilità di scegliere. Quelle scelte che danno una svolta alla tua esistenza e alla consapevolezza di chi sei. Non è vero che la libertà è un diritto acquisito dalla nascita, dovrebbe esserlo, ma non lo è mai stato. E la storia ce lo ha sempre ricordato. Che poi quando sei libera davvero, neanche lo sai dove vuoi andare, chi vuoi essere, cosa vuoi pensare. Perché si sa che in una società con le sembianze di una gabbia, nulla fa più paura come la libertà. Penso ai detenuti che per anni sono rinchiusi in pochi metri quadrati, che bramano giorno e notte di tornare a vedere il cielo e non più cemento. Ma una volta usciti dalle carceri, una volta riconquistata la tanto attesa libertà, non sanno davvero che farsene. Quando ti insegnano a sopravvivere in una gabbia, nessuno ha il coraggio di vedere cosa c’è oltre, anche se indefinito e sconosciuto. Fa meno paura essere protetto dalle sbarre che dalla vastità del nulla.
Ma la riflessione sui detenuti è molto più ampia: combattiamo da sempre e, in tutte le parti del mondo, per liberarci da quelle sbarre, fisiche e non, che con il tempo, sono diventate anche catene. Lottiamo da così tanti anni che a volte non ci ricordiamo neanche più per cosa. E, alla fine, se si pensa alla libertà non si fa mai riferimento alle nostre vite, alla nostra quotidianità, ma a quelle degli altri. Ai personaggi dei nostri romanzi preferiti, ad alcuni dei nostri nonni durante la guerra, ai grandi leader della storia. Insomma, chi può definirsi davvero libero avendo chiara la definizione di tale concetto.
Mi sono interrogata per tutta la stesura di questo brano di cosa significasse per me libertà e alla fine mi è sempre tornato in mente un testo di una canzone famosissima di Gaber: La Libertà. Un testo che non poteva spiegare meglio questo diritto. La frase che mi ha sempre colpito di più e a cui sono molto legata è “la libertà è partecipazione” perché in fondo ci sarà sempre qualcuno che potrà minare la nostra libertà tramite restrizioni o violazioni, ma potrò ritenermi una donna libera finché potrò esprimere il mio pensiero e sentirmi parte di qualcosa, essere parte attiva sempre, anche quando ci sembrerà che stiamo subendo.
Giulia Marchiò
Le sue cittadinanze sono quella europea e genovese. Laureata in Comunicazione e laureanda in Human Rights. Attivista h24, ha una passione per i nativi del nord America, per i diritti dei carcerati e delle donne.
Ama viaggiare, il trekking, i tatuaggi e gli Ex-otago. Le piacciono le storie dei dimenticati e scrivere. Scrive ovunque, scontrini della spesa compresi.
Estremamente disordinata e maniacalmente organizzata, appassionata di astrologia, lettura fantasy e della Marvel.
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