di Valerio Calzolaio
"Sotto le stelle di Fred. T’ho veduto, t’ho seguito… Incontri da sogno con Fred Buscaglione"
Autore: Marina Rota Editore: Buendia Books Collana: Barrique Anno edizione: 2021
Pagine: 140 p., Brossura
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orino. Il 23 novembre 1921 nasce a Torino il grande musicista Fred Buscaglione. Ricorre il centenario, non scordiamolo! In soli trentotto anni di vita segnò un’epoca. A fine anni cinquanta, poco prima di morire in un incidente, si trovava all’apice di una carriera clamorosa e multimediale: era uno degli artisti di spettacolo, cinema e televisione più noti e celebrati in tutto il paese; aveva un calendario di importanti serate quotidiane (che copriva più anni successivi) e una tournée negli Stati Uniti; tante italiane e italiane di varie generazioni fischiettavano e provavano a ballare le sue canzoni. Fermarsi un attimo a memorizzare una vita intensa e culturalmente significativa è un dovere e un piacere. Fred crebbe in un noto grande palazzo ottocentesco su un cortile di Piazza Cavour, di sobria eleganza, emblematico del decoro borghese sabaudo, dove la mamma Ernesta faceva la portinaia (diplomata in pianoforte, uno lo aveva in casa). Il giovane Nando mostrò subito uno straordinario talento per la musica (chitarra, violino, contrabbasso e altri strumenti, a lezione o al conservatorio o da autodidatta), ereditato anche dal padre verniciatore (e buon fisarmonicista) e dalla zia artista di café chantant (morta però di tubercolosi nel 1920). Presto dovette smettere di studiare per aiutare il bilancio familiare (con fratello e sorella): fattorino, pellettiere, apprendista odontotecnico, artigiano. Nel tempo libero tanto jazz e blues, collaborazioni con orchestre importanti, ingaggi in locali dove, fra l’altro, conobbe Leo Chiosso. Poi la guerra, ma in Sardegna riuscì a organizzare uno spettacolo ricreativo e a suonare spesso nella radio indipendente. Tornò, ritrovò Leo (lettore di gialli), divennero inseparabili, lui il grande frenetico indimenticabile Fred.
La brava giornalista Marina Rota adotta un colto ingegnoso espediente letterario per farci incontrare il suo concittadino Buscaglione, un intreccio di realtà e sogno su un uomo carismatico e beffardo, diventato leggenda dopo una morte assurda. Segnala subito come è emersa in lei l’esigenza di riascoltare il musicista e studiarne contesti familiare e sociale torinesi, per caso, trasferendosi proprio dalle parti di quell’antico palazzo e organizzando una festa di apertura con personalità e amici illustri, fra cui il grande americanista Claudio Gorlier. La narrazione prosegue in prima al presente, sia quando restiamo nell’oggi con i suoi contemporanei colloqui e progressi, sia soprattutto quando ci tuffiamo in sogno indietro nel tempo, accanto al fantasma di Fred, mentre sempre lei (giornalista alla Gazzetta del Popolo) e Claudio (in veste di Virgilio) frequentano il palazzo dagli anni venti ai Cinquanta, lo vedono crescere da piccolo artista, si fanno raccontare le gesta dalla madre, lo incrociano nei bar e nei locali. I capitoli riguardano le principali fasi della vita: fino alla partenza per la guerra, dal rientro ai primi successi del gruppo orchestra Asternovas, il quasi decennio della gloria generosa e trascinante (Paolo Conte parla di “spirito guascone”). Rota lo ha definito una rigorosa biografia romanzata e un viaggio nella Torino swingante degli anni Quaranta e Cinquanta, più povera, ma ricca di speranza; un viaggio a ritroso nel tempo che può piacere ai cultori appassionati, ai musicisti attivi e ai nostalgici di una stagione irripetibile della storia culturale della città operaia e del paese in ripresa. In appendice le interviste a Fred Chiosso (figlio di Leo), a Dario Arrigotti (figlio del pianista del gruppo) e alla nipote Letizia Buscaglione (figlia della sorella). Titolo e copertina azzeccati, interessanti apparati bibliografico e iconografico.
"Il pensiero bianco. Non si nasce bianco, lo si diventa"
Autore: Lilian Thuram Traduttore: Marco Aime, Maria Elena Buslacchi Editore: ADD Editore Anno edizione: 2021
Pagine: 283 p., Brossura
Mondo. Da poco meno di mille anni. Consapevoli o meno, noi bianchi tendiamo a ragionare e agire attraverso un pensiero razzialista bianco, con il quale abbiamo permeato anche opinioni e percezioni dei non bianchi, oltre alle relazioni sociali di gran parte dei paesi del pianeta. Il meccanismo è paragonabile a quello che porta alla dominazione degli uomini sulle donne, gerarchie e ruoli introiettati, dei quali pochi sono soggettivamente colpevoli, ma che quasi tutti usano normalmente e danno per scontati. Occorre studiare la “bianchezza”: in che modo i bianchi, che rappresentano il 16,8% della popolazione mondiale, vivono il fatto di dominare i non-bianchi, sia all’interno delle rispettive società sia come costante nelle relazioni internazionali? In che modo tale dominazione ha cambiato volto nel corso dei secoli (prima e dopo il 1492)? Come e quanto esiste un senso di appartenenza razziale nei nostri paesi occidentali? Il pensiero bianco non è solo il pensiero dei bianchi, anche i non bianchi lo hanno interiorizzato; non è una questione di pigmentazione della pelle (bianca non esiste, di chiare a migliaia o milioni e tutte diverse), è un modo di stare al mondo almeno dai tempi delle Crociate. Prendere coscienza della prospettiva da cui pensiamo e parliamo – sono un uomo, sono una donna, sono più chiaro, sono più scuro, sono credente (cattolico o musulmano o ebreo o altro), sono ateo – è il primo passo per capire che parliamo di presunta “scoperta” delle Americhe, schiavitù, colonizzazione, razzismo e globalizzazione sempre attraverso distorsioni storiche e culturali molto radicate. Il pensiero bianco è il filtro ideologico che è stato imposto a tutti da una storia raccontata da minoranze avide e interessate, con la complicità, più o meno passiva o esitante, di una gran parte di coloro che ne traggono beneficio. Noi compresi, me compreso. Basta indifferenza, neutralità, complicità!
Splendido libro quello del grande atleta francese Lionel Thuram (Guadalupa, 1972), uno dei più straordinari giocatori di calcio degli ultimi decenni (1991-2008), che, appena attaccate le scarpette al chiodo, ha promosso la fondazione Éducation contre le racisme, pour l’égalité. Il suo ultimo volume è uno zibaldone di informazioni, citazioni, spunti e vicende di imposizioni e ribellioni, ben organizzato in tre parti: la critica alle narrazioni storiche dal solo punto di vista bianco; l’analisi scientifica del razzismo sistemico nelle società contemporanee, a partire dall’esperienza francese; eventuali pensieri e possibili forme per diventare tutti (più) umani. Nel retro della copertina e della quarta, un’immagine: la carta di Peters, capovolta, la lunga immensa Africa al centro (lì tutti abbiamo avuto origine, siamo tutti migranti africani), la piccola Europa in basso, ci impone di moltiplicare i punti di vista geografici e storici. La cultura della cancellazione è stata messa in atto dai colonizzatori (travestiti da civilizzatori), non è un fenomeno recente. E anche la stragrande maggioranza dei pensatori illuministi non condannò né la ferocia della tratta né l’idea che i neri fossero considerati inferiori. I 64 articoli del Code noir rimasero in vigore dal 1685 al 1848, anche dopo, nei fatti. La classificazione degli esseri umani in diverse razze e la loro gerarchia sono state create per giustificare la supremazia bianca, per trasformare le persone bianche nella norma cui tutto deve fare riferimento. L’intento è stato raggiunto anche se le regole dell’Apartheid sono state via via abolite. Il pensiero bianco è innanzitutto maschile: nella conquista e nel possesso del corpo femminile troviamo la convergenza tra machismo e razzismo. Non abbiate paura: non c’è odio o settarismo in Thuram; storia, diritto, geopolitica, biologia, psicologia, sociologia, economia, climatologia, filosofia, letteratura e segnala sempre che qualcuno si oppose a un certo pensiero bianco, in ogni epoca, anche bianchi. Essenziali riferimenti biografici e molti cenni sull’Italia; la copertina è coerente col testo, non bellissima. In fondo ricca bibliografia e accurato indice dei nomi (davvero tanti e appropriati). Smacchiamo, allora, il pensiero bianco e condividiamo pensieri umani, solidali, di specie sapiens in mezzo a tante differenti specie vive in ecosistemi vitali!
"La prima indagine di Montalbano"
Autore: Andrea Camilleri Editore: Sellerio Editore Palermo Collana: La memoria Anno edizione: 2021 Pagine: 416 p., Brossura
Montalbano è… nato nel 1960, poliziotto da varie parti e da parecchio a Vigàta, fidanzato con Livia (che perlopiù resta a Boccadasse), baffuto (nonostante il bel Zingaretti), invidiato soprattutto per Enzo (la trattoria del pranzo) e Adelina (la governante per la cena pronta in frigo). Andrea Calogero Camilleri (1925 - 2019) narra sempre in terza fissa al passato, pensieri sogni opere mangiate. Accanto ai romanzi, gli dedica racconti oppure romanzi brevi come questi tre: “Sette lunedì” (febbrile giallo enigmistico su animali uccisi), “La prima indagine di Montalbano” (che dà titolo alla raccolta e riguarda l’indagine esordio dopo la nomina nel borgo siciliano), “Ritorno alle origini” (un intrigo familiare seguito alla scomparsa di una bimba), scritti in periodi diversi (e su fasi differenti della carriera del commissario), non imperniati su delitti di sangue, pubblicati inediti quasi venti anni fa, personaggi lingua stile che conosciamo, amiamo e rileggiamo sempre con voluttà.
"La chiave, la luce e l’ubriaco. Come si muove la ricerca scientifica"
Autore: Giorgio Parisi
Editore: Di Renzo Editore
Anno edizione: 2021
Qui e ora, prima e dopo, là e altrove. Ma quanto? Circa 55 anni fa, alla fine del liceo, il recente Premio Nobel Giorgio Parisi (Roma 1948) era incerto se iscriversi a matematica (passione fin dall’infanzia) o a fisica (era rimasto colpito dalla concretezza delle scoperte moderne), optò per la seconda: “è assolutamente essenziale riuscire a tradurre il mondo in numeri, osservare come questi si evolvono e cambiano nel tempo, e alla fine costruire una teoria che li spieghi”. Mentre un matematico per dimostrare un teorema deve arrivare a delle conclusioni al di là di ogni dubbio, un fisico si ferma quando ha raggiunto un ragionevole convincimento della verità delle sue conclusioni: “mi è capitato più di una volta di arrivare a dimostrare dei risultati (ovvero a portare degli argomenti euristici convincenti per la loro correttezza) e solo successivamente alcuni matematici di grande classe, dopo molti anni di duro lavoro, sono riusciti a trasformarli in veri teoremi”. Fece la tesi con Nicola Cabibbo, nel 1971 entrò per due anni al centro di ricerca di Frascati, poi trascorse esperienze di lavoro a New York, Parigi, Amburgo, Ginevra e, dopo un anno alla Columbia, tornò definitivamente in Italia: “anche se avevo ricevuto molte offerte allettanti all’estero, non mi sono mai pentito di questa decisione”. Parisi è divenuto uno dei massimi esperti mondiali in meccanica quantistica e teoria dei campi; ha introdotto una complicatissima modellizzazione in cromodinamica quantistica, le cosiddette equazioni DGLAP (l’ultima lettera sta per Parisi); ha elaborato l’equazione differenziale stocastica per i modelli di crescita per la “random aggregation”; ha ben studiato la dinamica degli storni quando si muovono in grandi gruppi; da decenni ottiene riconoscimenti internazionali e continua a insegnare Fisica teorica e Teoria dei quanti nelle università romane, sempre impegnandosi per politiche pubbliche ben finanziate, innovative e inclusive, relative alla ricerca in Italia.
Il grande scienziato Giorgio Parisi conversò nel 2006, quindici anni fa, con un bravo editore romano, una quindicina di brevissime domande e altrettante corpose risposte in forma di saggio discorsivo. Ne nacque un agile volumetto di divulgazione della sua carriera di fisico, del concetto di realtà fisica e dello spazio-tempo soprattutto negli ultimi due secoli, del contributo dei calcolatori e dei progressi tecnologici all’evoluzione della fisica moderna, del significato dei sistemi complessi, del rapporto tra fisica e altre discipline scientifiche soprattutto la biologia, dei nessi fra “lineare” e “caotico”, dell’influenza dei criteri estetici e dell’arte sulla ricerca avanzata e sulle “belle” teorie, delle scelte da compiere nelle politiche universitarie del nostro paese. In fondo vi sono brevi note biografiche di 25 personalità scientifiche (più volte richiamate nel testo), in ordine alfabetico da Bohr (1885-1962) a Whitehead (1861-1947). Il titolo deriva da una vecchia barzelletta: un ubriaco, di notte, si mette a cercare una chiave sotto un lampione. Arriva un tale che lo aiuta ma, non trovando nulla, gli chiede se è proprio sicuro di aver perso lì la chiave. L’ubriaco risponde: “No, non sono affatto sicuro, ma è qui che c’è la luce”. Ecco, gli scienziati fanno le cose che riescono a fare. Quando si accorgono di disporre dei mezzi per studiare qualcosa, che fino a quel momento era stato trascurato, allora s’impegnano per quella strada. Il volume di Parisi è chiaro, comprensibile, esemplare, riedito a ottobre 2021 non appena gli è stato meritoriamente assegnato il Nobel per la Fisica, sesto italiano dopo Marconi (1909), Fermi (1938), Segrè (1959), Rubbia (1984), Giacconi (2002).
"Raffa e Margot nella villetta degli orrori"
Autore: Beatrice Peruffo Illustratore: Federico Zenoni Editore: Terra Nuova Edizioni Collana: Storie che salvano il pianeta Anno edizione: 2021 Pagine: 96 p.
Uno spicchio d’orto. L’estate scorsa. Raffaella e Margherita sono grandi amiche, hanno nove anni e vivono in case adiacenti, un caseggiato la prima, una villetta con orto la seconda, il cui padre mette loro a disposizione un piccolo rettangolo di terra per provare a coltivare qualcosa. Cominciano dai lombrichi e poi li portano al negozio di Caccia e Pesca in confezioni definite: “Raffa & Margot, vermini da pesca”. Inizia così una gran bella avventura, fra piante e animali, esseri micro e macro, divertimenti intelligenti e scoperte paurose. “Raffa e Margot nella villetta degli orrori” è il nuovo libro per ragazzi (ben illustrato da Federico Zenoni) della sarda Beatrice Peruffo (Arborea, 1964), da tempo insegnante di Scienze Naturali in un liceo di Vicenza. In realtà, può essere utilmente letto a ogni età: la storia è godibile, una fiaba ecologica che, senza mai annoiare, orienta bambini e genitori su piacevoli attività scientifiche. In fondo appunti e notizie per farlo davvero un orto!
Valerio Calzolaio (1956) è giornalista e scrittore. Professore di Diritto Costituzionale all’Università di Macerata, è stato deputato per quattro legislature e sottosegretario al ministero dell'Ambiente dal 1996 al 2001. Tra i suoi libri ricordiamo Ecoprofughi. Migrazioni forzate di ieri, di oggi, di domani (NDA Press, 2010). Per Einaudi ha pubblicato, con Telmo Pievani, Libertà di migrare (2016).
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