Ecco, anche quest’anno ci siamo arrivati. Alla Vigilia.
E come ci siamo arrivati? Esattamente come tutti gli anni. Esausti e con un considerevole istinto omicida.
Se per un attimo alzassimo lo sguardo dalle nostre maratone prenatalizie e osservassimo chi ci sfreccia accanto, li sentiremmo ripetere le stesse frasi che a denti stretti e con il fumo alle narici ripetiamo noi, quasi fosse una litania degna del più tipico monaco tibetano: “Il prossimo anno non mi fregano, i regali comincio a farli a luglio”, o “Il prossimo Natale lo passo alle Maldive e lascio qui figli, nipoti, suocera e cane”, o ancora “I cioccolatini della vicina li dirotto sulla zia Egle, la sciarpa di lana ocra e verde marcio della zia Egle la regalo alla mia collega quella odiosa che mi ruba le biro, il solito bagnoschiuma al gusto di fiori di sambuco e naftalina della mia collega va dritto dritto a mia cognata, mentre i biscotti a forma di renna fatti a mano da mia cognata, così secchi e duri che ti si ritirano i denti al solo pensiero di addentarli, quelli mi vanno a chiudere il cerchio con la vicina che se fa tanto di assaggiarne uno, le si spacca in due la dentiera e la smette finalmente di volermi convertire al suo club dell’uncinetto.”
Perché è giunto il momento di guardarci dritto negli occhi. E ammettere una buona volta che lo spirito natalizio non fa proprio per noi.
E finita l’estenuante corsa al regalo, ecco profilarsi all’orizzonte la cena della vigilia. Questa amena tradizione si può declinare in più varianti, ma vi assicuro che da nessuna ne uscirete come siete entrati. Ossia, magari non in perfette condizioni, ma vivi.
C’è la classica vigilia in famiglia, dove, con la scusa di stare leggeri per il giorno dopo, vi propineranno brodi di galline ultracentenarie, bolliti vari e temibili salse d’accompagnamento, le tradizionali verdurine in gelatina – avete presente quelle teche di vetro al museo di Storia Naturale con all’interno non ben definite parti di animali estinti? – e per concludere il panettone, quello bello alto, lievitato 24 mesi, che si potrebbe andare avanti a masticarlo fino a Pasqua senza riuscire a deglutirlo.
Se vi riuscisse di scansare il cenone famigliare, potrebbe capitarvi la festa prenatalizia tra amici, dove ci sarà sempre il solito sfigato a cui viene detto che il dress code è a tema natalizio e si presenterà con il suo bel maglione rosso con il faccione di renna tra i risolini ammiccanti degli altri – e vi assicuro non avrà mai, ma proprio mai, l’aspetto del Darcy di Bridget Jones - la vostra amica si ubriacherà cantando al karaoke e ballando la macarena sui tavoli mentre voi trangugerete analcolici al sedano rapa perché dovete guidare e vi farete trovare a mezzanotte sotto il vischio proprio nel momento in cui quello con il maglione con la renna decide che è ora di buttarsi nella mischia.
In caso invece siate provvisti di pargoli, lo scenario cambia. Voi e altri genitori come voi, vi ritroverete rinchiusi in un locale con temperature tropicali e pieno di palloncini rossi, dove torme di bambini si rincorreranno festanti per un buon paio d’ore producendo gridolini protesi verso il muro del suono, per giungere poi al momento dell’ingresso di un signore alto e grosso, con una fittizia panciona rotonda, vestito di rosso e con una gran barba bianca e recante con sé un enorme sacco pieno. A quel punto, mentre penserete di esservi sottoposti a quella tortura per la giusta causa di regalare un’indimenticabile sorpresa ai vostri bambini, ecco che loro allargheranno le pupille a dismisura, colme di terrore ed angoscia e irromperanno all’unisono in un pianto dirotto contro cui a nulla varrà denudare il povero Babbo Natale per dimostrar loro che in realtà è un tipino segaligno e anonimo.
Questo è dunque quello che ci aspetta, per trascorrere una vigilia secondo la più solida e mai evitabile tradizione.
Ed è così che giungeremo al Natale. Sfatti, mesti e con il sorriso spento scartando l’ennesima cravatta Regimental.
Oppure no. Domani decideremo che, nonostante tutto, il Natale ci coglierà ancora vivi, felici come bambini davanti alle lucine dell’albero, scalzi alle sei del mattino per vedere se Babbo Natale è passato davvero, in fondo commossi all’abbraccio stritolante della zia Egle e con una spasmodica, irrefrenabile voglia di torrone nocciolato. Perchè alla fine il Natale non è che un sogno chiuso dentro un pallina di vetro che devi scuotere tu, proprio tu con le tue mani, se vuoi che l'atmosfera diventi magica di neve.
Un grandissimo augurio di Buon Natale da tutti noi di THE MELTING POP!
La Redazione
Arianna Destito
Antonella Grandicelli
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