di Amalia Patrone
Il mio angelo custode ha una voragine sul petto e gli occhi grandi di paura. Trema quando c’è un rumore forte, che sia un tram o una bomba. Si commuove guardando gli alberi e mi parla di purezza e di natura. A volte dice parole che gli angeli non dovrebbero dire, altre volte si strappa la bocca e dice solo silenzi. Una notte mi raccontò delle sue ali e di come le avesse perse cadendo da cavallo. “Gli angeli non dovrebbero cavalcare”, mi disse e per la prima volta vidi il catrame colare dagli occhi.
Il mio angelo custode mi si presentò il giorno del mio ventunesimo compleanno. Mi disse proprio così, “Sono il tuo angelo custode”. Io guardai la voragine sul suo petto e gli occhi grandi di paura. Lo ignorai per giorni, nella speranza che mi lasciasse stare, che si prendesse cura di qualcun altro. Glielo dissi anche, “Prenditi cura di qualcun altro” e la voragine, già grande, diventò ancora più grande. Mi guardò con gli occhi di paura spalancati, come se le palpebre si potessero rigirare su se stesse. Quel giorno lo trattai così male da non riconoscermi più. Eppure non se ne andò, si strappò la bocca e urlò silenzi per giorni. Io rimasi con le sue labbra tra le mani, sentendomi un cattivo essere umano. Poi gli chiesi scusa, lui prese le labbra e ne tirò gli angoli come per sorridere.
Il mio angelo custode non dorme mai, si sdraia sotto il mio letto e canta le canzoni della mia infanzia. Quando gli incubi mi assalgono, lui mi cede i suoi pensieri e osserva triste quelle immagini venute a tormentarmi. La mattina trovo sempre del catrame sotto al letto. Lui mi chiede scusa e con uno straccio lo raccoglie, poi lo getta nella voragine sul suo petto. “Perché lo fai?”, gli ho chiesto.
“Perché un giorno sarai pronta per vedere.”
Il mio angelo custode ha braccia scheletriche capaci di sollevare il mondo. Certi giorni, però, basta anche un filo di vento per spaccagli le ossa. Allora sono io a dovermi prendere cura di lui. In quei giorni non ha nemmeno la forza per strapparsi la bocca e urlare silenzi. Resta immobile, nascosto negli angoli della casa. Il suo corpo trasuda catrame e la voragine sul petto è un buco nero pronto a inghiottirmi. In quei giorni la paura mi azzanna alla gola e le mie urla disperate non possono nulla davanti al suo dolore.
Il mio angelo custode nasconde le fragilità e non riesce ad ammettere di aver bisogno di me, più di quanto io non ne abbia di lui. Allora gli ho disegnato su un foglio un paio di ali e, per un attimo, gli occhi grandi di paura hanno smesso di avere paura.
Amalia Patrone, classe '95 e quattordici traslochi all'attivo, che mi hanno fatto scoprire e amare diverse città tra la Liguria e la Lombardia. Ho studiato cinema, televisione e pubblicità, tutte cose fighissime che hanno nutrito ed esasperato qualsiasi mia passione per la lettura, la scrittura e le serie tv. Tra le cose che amo: i libri di Carrère, il mio cane sordo, l'uomo che mi sopporta, il caffè e le sigarette.
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