di Emanuela Mortari
Franck Thilliez potrebbe stare alla letteratura come David Lynch sta al cinema. Entrambi hanno in comune il fatto che, una volta terminata la fruizione della loro opera, non si può far altro che rileggerla (o rivederla nel caso di Lynch) per scoprire i messaggi più o meno nascosti disseminati dall’autore e condividere le proprie teorie con chi si trova nella stessa situazione, alla ricerca spasmodica di conferme, nuove ipotesi e chiavi di lettura. Lettere, numeri, parole sottolineate sono stati inseriti con una geniale maestria per stimolare il lettore a essere attivo nella soluzione dei misteri.
È successo con Il manoscritto (Fazi, 2019) e, ancor di più, con C’era due volte (Fazi, 2021). Il consiglio, anzi, l’obbligo, è di leggere i libri in ordine, essendo strettamente collegati e lasciarsi guidare nell’abisso pagina dopo pagina, arrivando a un finale che ribalta completamente tutto il percorso compiuto in quel momento. Non è un caso che nei due libri venga citata spesso la celebre partita a scacchi tra Kasparov e Topalov, denominata l’immortale per un colpo di genio che sembrò un suicidio e invece portò alla vittoria Kasparov. Il lettore, girata l’ultima pagina, capisce di essere stato il Topalov della situazione e il disvelamento del gioco creato da Thilliez può avvenire solo riflettendo sulle indicazioni che sono state inserite proprio nell’ultima frase che chiude “C’era due volte”.
Thilliez, ingegnere informatico con la passione del thriller, secondo la classifica pubblicata da Le Figaro il 19 gennaio 2022, è il terzo autore francese più venduto nel 2021 con 750 mila copie (primo Guillaume Musso, seconda Virginie Grimaldi). Un successo meritato, a nostro parere, per l’incredibile capacità di creare trame perfette che sono a tutti gli effetti dei rompicapi, per la scrittura scorrevole e avvincente con cliffhangers al termine di ogni capitolo e per la scelta accurata dell’ambientazione: i paesaggi selvaggi del Nord della Francia, tra sabbia, falesie e forti che diventano impenetrabili con l’alta marea, per Il Manoscritto, le montagne oppressive dell’Alta Savoia in C’era due volte. I due titoli non sono semplici thriller che fanno tirare un sospiro di sollievo una volta terminati. Non attendetevi il colpevole assicurato alla giustizia, tanto che si potrebbero classificare più come noir per la cupezza delle tematiche affrontate.
Andando con ordine, nel Manoscritto, presentato nella prefazione come l’incompiuto di
Caleb Traskman (autore di thriller suicidatosi mesi prima) e terminato dal figlio, Léane Morgan (regina del thriller con il nome d’arte di Enaël Miraure per preservare la propria vita privata) da quattro anni non ha notizie di sua figlia Sarah, rapita e mai ritrovata. La polizia ha archiviato il caso come omicidio a opera di un noto serial killer. La tragedia ha distrutto anche il suo matrimonio con Jullian, ma quando il marito viene brutalmente aggredito subendo una perdita di memoria, lei si vede costretta a tornare nella casa sulla spiaggia carica di ricordi dolorosi con una serie di domande in più: cosa aveva scoperto Jullian dietro alla ricerca ossessiva della verità sulla scomparsa della figlia? Intanto, nei dintorni di Grenoble, viene ritrovato un cadavere senza volto nel bagagliaio di una macchina rubata. Le intuizioni del poliziotto Vic (l’altro punto di vista del racconto), dotato di una memoria prodigiosa, consentiranno di incastrare alcuni tasselli del puzzle, ma altri spaventosi elementi arriveranno a confondere ogni ipotesi, svelando una verità agghiacciante. Il Manoscritto è un libro, nel libro, nel libro, in cui appunto l’autore di thriller racconta di un’autrice di thriller, che a sua volta ha scritto un libro su un autore di thriller. Gioco di specchi, lo hanno definito, giustamente, tanti critici.
La perdita di memoria è protagonista anche in C’era due volte: nel 2008 il tenente Gabriel Moscato è alla disperata ricerca della figlia Julie, diciassettenne, scomparsa da un mese. Deciso a indagare sull’hotel a due stelle dove la ragazza aveva lavorato l’estate precedente, si stabilisce nella stanza 29, al secondo piano, per esaminare il registro degli ospiti. All’improvviso viene svegliato da alcuni suoni attutiti. Quando si avvicina alla finestra, si rende conto che piovono uccelli morti e di non essere nella stanza in cui si era addormentato: è il 2020 e sua figlia è scomparsa da dodici anni. Nel mezzo, il nulla. Quello stesso giorno il corpo di una giovane donna viene trovato sulla riva del fiume.
Scopriamo che Gabriel non è uno stinco di santo, cambiato, compromesso da quel vuoto, e così lo sono anche le persone a lui più vicine. L'ossessione per la ricerca della verità, il senso di colpa per non essere stato abbastanza e non aver saputo capire in cosa si stava infilando la figlia divora Gabriel, incapace ormai di avere una vita propria. In questo caso i due punti di vista sono di Moscato e dell’ex collega Paul, impegnati nell’indagine per riaprire il caso di Julie.
Thilliez dà vita a un meccanismo complesso, un labirinto, un puzzle che prende forma a poco a poco per formare un quadro di puro orrore di cui alcune parti riusciamo solo a intuire, non essendoci svelato tutto.
Punto in comune di entrambi i libri è l’accostamento tra l’arte e la parte più oscura dell’uomo, non possiamo dire di più per non spoilerare: che sia Caravaggio o la performance Rhythm 0 di Marina Abramovic, quest’ultima mai citata esplicitamente, ma riconoscibile nei riferimenti. L’arte, da sempre considerata come espressione massima della bellezza, qui diventa emblema di un terribile e lucidissimo piano.
PS: Essendo l’autrice di questa recensione ormai nel tunnel di Thilliez potete discuterne con lei contattandola su Goodreads (cercando Emanuela Mortari) o su Instagram (emanuela.mortari)
Emanuela Mortari, nata a Genova nel 1977, laureata in Scienze Politiche, lavora come pubblicista freelance per varie testate giornalistiche online, occupandosi prevalentemente di sport, economia e spettacolo. Nel 2021 esordisce nella narrativa con il thriller informatico "Connessione a rischio" (Another Coffee Stories Edizioni).
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