Dalla Prefazione di Bruno Morchio
Editore: Chi Più Ne Art Edizioni
Anno edizione: 2021
Pagine: 250
Ho letto il manoscritto di questo romanzo l’estate scorsa, sdraiato sul bordo della piscina del Porto Antico di Genova. L’autore me ne aveva dato una copia chiedendomi cosa ne pensassi. Dopo venti pagine sono rimasto folgorato e ho sentito l’urgenza di telefonargli per ripetergli quanto avevo appena detto a me stesso: questo è uno che sa scrivere, uno scrittore che ha metabolizzato il grande romanzo novecentesco, da Joyce alla Woolf a Faulkner, e padroneggia magistralmente un prosa complessa e innovativa non per fare esercizio di stile, ma con l’intento di raccontare una storia che è un pugno nello stomaco, provoca forti emozioni e suscita pensieri che spesso, il più delle volte, preferiamo eludere o aggirare. Anzi, la qualità della scrittura è funzionale a rendere, attraverso il gioco cangiante delle focalizzazioni sui vari personaggi (alcuni dei quali anonimi, per rendere fino in fondo il loro status di “invisibili”) la crudezza della realtà che viene illustrata.
Si tratta di un romanzo distopico che descrive uno scenario futuribile – ma in parte, purtroppo, già attuale − senza ipocrisie e scavando in profondità nella dimensione della banalità del male.
L’autore immagina che, a seguito degli sconvolgimenti climatici ed economici, l’Europa risponda all’assedio delle migrazioni creando ai propri confini un territorio desertificato occupato da soldati reclutati nelle fila dei migranti stessi, un po’ come accadde al tramonto dell’impero romano con le popolazioni barbariche. A questi uomini, la cui sopravvivenza è affidata al possesso d’una tessera dotata d’un codice, grazie alla quale perdono la loro “inesistenza” e acquistano una parvenza di diritto di cittadinanza, è affidato il compito di “respingere” (leggi: far morire per affogamento) chi arriva dall’altra parte del mondo; per farlo si servono di un arpione, che può anche servire a raccogliere (salvare) i bambini, i quali verranno adottati (con esiti incerti e prevedibilmente problematici) dalle coppie sterili di questa parte del mondo.
La disumana stratificazione di tale assetto sociale viene ben rappresentata illustrando con grande efficacia le occupazioni e le preoccupazioni dei vari livelli gerarchici: i politici (Dobbiamo decidere chi salvare, non possiamo salvare tutti. Alcuni ministri pensavano al burro danese. Quello salato. Il buffet era diviso su dieci tavoli), i cittadini europei (Ho il terzultimo modello della Golf. Ho un colorito che fa schifo, mi ci vorrebbe una lampada alla settimana. Non mi chiedono mai come la penso), gli uomini della sicurezza (Hai una divisa. Un ruolo. Ti serve uno scopo. Però se lo sai solo tu serve a poco, deve essere riconosciuto), i soldati e gli esclusi (Un altro diede un colpo alle mani di uno che stava annaspando. I pantaloni un po’ si strapparono. Non provò a nuotare. Andò giù e basta.), i fuggiaschi (Correvo. Questa volta sì. Non c’era bisogno che me lo immaginassi guardando il mio riflesso sulla vetrina, questa volta era per davvero. Dall’altra parte della strada era partito il segnale).
L’autore si avvale di una prosa asciutta, costituita da periodi brevi e di forte impatto. Nei dialoghi il testo rende con efficacia l’immediatezza del parlato e l’alta temperatura drammatica delle situazioni; la voce narrante, alternando la terza e la prima persona, produce un effetto glissement che dà al testo mobilità e spessore realistico, facendo sì che i personaggi risultino figure a tutto tondo con cui il lettore si identifica e alle cui vicende si emoziona; infine, l’uso massiccio della tecnica del monologo interiore è funzionale a far emergere, in antitesi alla fredda routine dell’amministrazione quotidiana della violenza e della morte, espletata con automatismo quasi burocratico, quanto affiora di prepotenza dall’intimità dei protagonisti: ricordi del passato, affetti del presente e speranze e sogni per il futuro. In una parola, la loro insopprimibile umanità.
Questo conflitto, che attraversa ogni pagina, rappresenta il filo rosso che conferisce al romanzo un’autentica dimensione tragica.
Una lettura impegnativa, vuoi per la struttura formale che richiede al lettore un certo sforzo di concentrazione, come accade per ogni opera di valore, vuoi per le tematiche che affronta. Senza giudizi né pregiudizi, entrando col bisturi della lingua dentro il vissuto soggettivo di uomini e donne violati irrimediabilmente dalla brutalità delle cose.
Video lettura di Antonella Sica di un brano tratto da "Europa cavalca un toro nero"
Marco Tulipano
Nasce a Genova dove vive. È stato tra i fondatori del Bloko Teatro ed uno dei coautori del loro primo spettacolo. Scrive per il teatro collaborando con diverse compagnie.
Questa è la sua prima esperienza narrativa
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