terra
[tèr-ra] s.f.
1 Terzo pianeta (in rapporto alla distanza dal Sole) del sistema solare;
2 estens. Globo terracqueo in cui si svolge la vita dell'uomo, dei vegetali e degli altri animali
Certo che abbiamo una bella faccia tosta a dedicare una giornata alla Terra! Predichiamo amore per la terra e poi non agiamo che per distruggerla. Se scriviamo Terra con l'iniziale maiuscola dovrebbe essere non solo perché è il pianeta del sistema solare che abitiamo, ma perché la riconosciamo come soggetto e come tale dovremmo trattarla. Rispettandone l'anima e i diritti.
Non c’è dubbio che, sulla faccia della terra, non esista creatura più spudorata dell’essere umano, sempre pronto a giurare amore incondizionato per la terra natia e disposto ad abbandonarla senza rimorso seguendo il miraggio della conquista di nuove terre. Perché l’uomo - inteso come sapiens - nella sua storia è riuscito a compiere le più atroci nefandezze per un pugno di terra in più, ciarlando di terre sante o terre promesse come se gli mancasse la terra da sotto i piedi. Avere un po' di terra al sole da coltivare in armonia con la natura non gli è mai bastato; raccogliere i prodotti della terra, ringraziandola per ciò che gli offriva, non è mai stato sufficiente. Per l'uomo questo suo pianeta è sempre stato terra di conquista.
L’età delle grandi esplorazioni si è venduta come ispirata dal desiderio di conoscenza e di libertà, ma altra spinta non ha avuto che la brama di conquistare ogni possibile terra emersa, cercando per mare e per terra gloria e ricchezze e lasciando spesso dietro di sé null’altro che terra bruciata.
“Terra, terra”, così gridava dalla coffa con vorace entusiasmo la vedetta delle navi dei conquistadores spagnoli quando scorgeva tra le brume del mattino la terraferma. Ciurme e capitani navigarono in lungo e in largo per toccare terra e piantarvi una bandiera e far sì che un uomo, le cui terre si estendevano a perdita d’occhio, potesse dire che “sulle sue terre non tramontava mai il sole”. Peccato che quella non fosse terra di nessuno, ma avesse chi la abitava e la curava e che, grazie al vaiolo e alla spada cristiana, sia finito con conveniente rapidità due metri sottoterra lasciando campo libero alla cupidigia.
Che cosa cercavano quegli uomini? Che cosa li muoveva? Ciò che ancora oggi è l’unica ragione che muove il mondo: le ricchezze della terra. Nei secoli passati erano l’oro, l’argento, le pietre preziose a far gola a chi si recava in terra straniera; oggi sono elementi dai nomi piuttosto esotici - Lantanio, Cerio, Praseodimio, Neodimio, Promezio, Samario, Europio, e così via - le cosiddette terre rare, la cui estrazione ha un impatto ambientale significativo, causando inquinamento delle acque, emissione di gas serra, distruzione degli habitat e perdita di biodiversità. E - non ultimo - lo sfruttamento incondizionato e disumano della manodopera degli ultimi della terra. Non possiamo certo dire che siano cose mai udite né in cielo né in terra, visto che la storia è sempre la stessa: in nome della ricchezza si scaverebbe fino a raggiungere il centro della Terra.
Il nostro povero pianeta quindi non ha proprio nulla da festeggiare; sfruttato senza pietà e senza vergogna, ha il morale davvero a terra. L'unica speranza che gli resta è che ognuno di noi smetta di credere di non avere responsabilità alcuna, ma metta una buona volta i piedi in terra e affronti il problema: il nostro pianeta ha una profonda ferita che dobbiamo in fretta curare. Perché la Terra è una e non la possiamo cambiare, così come si fa con una gomma a terra. Salvaguardare il pianeta, proteggerlo da noi stessi, è ormai per il futuro dell'essere umano il suo finis terrae.
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