Recensione di Bruno Morchio
Autore: Gino Marchitelli Editore: Jaca Book Pagine : 240 p. Anno: 2021
Questo romanzo è un reportage, giornalismo d’inchiesta scritto a distanza di quasi quarant’anni; è un libro di denuncia sociale; è un’autobiografia romanzata; ed è anche un racconto noir.
L’autore ha lavorato per molti anni sulle piattaforme petrolifere come tecnico elettronico e la sua profonda conoscenza di quel mondo traspare ad ogni pagina. Se tra gli imperativi del giallo (ma io direi della buona letteratura in generale) annoveriamo la precisione e il dominio linguistico della materia di cui si tratta e la conoscenza delle procedure operative descritte nella narrazione, non si può dire che Marchitelli non sappia di cosa parla. Il libro racconta con minuzia le condizioni estreme di lavoro degli addetti alle piattaforme di trivellazione, curiose navi che non navigano, immobili, sospese su acque spesso agitate da tempeste di pioggia e di vento, dove il personale era (ma forse è tuttora?) sottoposto a turni massacranti, impegnato in un lavoro altamente pericoloso, in balia della politica delle multinazionali, la cui logica secondo Marchitelli (come per tanti altri autori noir, fra cui il grande Vázquez Montalbán) non si discosta molto da quella delle mafie: quando qualcuno si mette di traverso alla logica del profitto diventa un “danno collaterale” da riparare o eliminare.
È il caso di Marco Radelli, giovane tecnico che, dopo avere dimostrato grande devozione al lavoro e capacità non comuni, comincia a organizzare la resistenza dei lavoratori alle prevaricazioni della dirigenza; in quest’opera – che lo porterà a guadagnarsi la stima e il consenso di una larga fascia di lavoratori − troverà talvolta perfino la tacita comprensione e solidarietà di qualche dirigente onesto. Ma tale popolarità, accresciuta dai notevoli successi ottenuti dalle lotte sindacali, finirà per collocarlo nel mirino del grande capo dell’azienda, che, dopo alcuni tentativi andati a vuoto di piegarlo e allontanarlo, assumerà l’iniziativa personale di ricorrere a mezzi estremi. Nel plot tutto ciò risulta tuttavia il frutto di una logica che trascende la volontà dei singoli attori e sovrintende al funzionamento d’un organismo che si rivela marcio dalle fondamenta.
La trama è semplice e lineare e l’autore non risparmia critiche a un sistema che in parte coinvolge gli stessi sindacati dei lavoratori. Risulta di particolare interesse il racconto di come da un sentimento generico, ma profondamente umano, di simpatia reciproca e solidarietà tra tecnici e operai costretti spesso a operare in condizioni difficili, si sviluppi, attraverso la lotta comune, qualcosa di più alto: quel complesso di convinzioni e senso di appartenenza a un destino comune che si chiama coscienza di classe.
Marchitelli non nasconde le proprie convinzioni politiche, del resto universalmente note (infatti il libro e anche un pamphlet politico), ma le traduce in atti e dialoghi fra i protagonisti che conferiscono alla narrazione un ritmo e un respiro drammatici.
Insomma, Delitto in piattaforma, è un racconto di piacevole lettura che punta i riflettori su un segmento poco conosciuto del mondo del lavoro e lo fa a partire da una esperienza intensamente vissuta. Pur restando un’opera di fantasia, ci narra la realtà e ci consente di ripercorrere un pezzo di storia del movimento operaio del nostro Paese nel periodo reaganiano e thatcheriano, quando le sirene del liberismo avevano scatenato una guerra senza quartiere alle lotte e alle conquiste dei lavoratori.
コメント