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Cronache di un’universitaria. Fantasmi e compleanni



Un anno di cronache


di Daphne Squarzoni


Piove. L’acqua colpisce forte i vetri dell’università e canticchia le melodie autunnali col buio che è sceso veloce a coprire tutto come una coperta contro il freddo che arriva. Cronache di un’universitaria compie un anno e tutto sta per finire. Quando ho scritto le prime righe mi aspettavo quasi che sarebbe finito di colpo, magari con un racconto felice di una festa di laurea. Non mi aspettavo che mi sarei resa conto che tutto sta finendo proprio ora mentre scrivo. Non pensavo che mi sarei trovata a passare serate come questa in università. L’ateneo si è progressivamente riempito e le matricole imparano un po’ alla volta come cavarsela. Dalla mia postazione al tavolo bianco della portineria guardo campanelli di studenti riunirsi in sala ristoro, terminare le lezioni e perdere tempo in atrio prima di andare a pranzo, salutarsi per tornare a casa e rivedersi alla prossima lezione. Li guardo e mi sento stranissima, distante anni luce e vicina come un respiro.


«Hai finito di spiare le persone?» mi saluta ogni tanto Raf quando passa i pomeriggi a lavorare alla tesi qui in università. Chi più chi meno passiamo tutti di qui, principalmente per lavorare alla tesi. È passato un anno e il punto della situazione vede Lisa ancora dietro alle lezioni, Federico in dirittura d’arrivo con la laurea fissata questo mese, Giovanni in Messico a fare volontariato, Valerio che, come me, lavora in portineria mentre fa la tesi in teatro latino, Lorenzo alle prese con le traduzioni delle elegie per la tesi come pure Raf ed Emma che hanno cominciato a lavorare all’elaborato finale. Siamo tutti qui che ci aggiriamo per i corridoi bianchi incapaci di lasciare questo posto nonostante tutto. «Ho fatto il giro di chiusura delle aule delle 18:00» ho raccontato oggi ad Emma tornando al mio posto sulla sedia verde della portineria «Ho chiuso tutto e mi sono fermata davanti alla 108 perché era ancora occupata nonostante fosse ora di chiuderla. Indovina chi c’era» l'ho sfidata.

Emma ha sorriso divertita. «Il professor G».

«Non ho dovuto nemmeno controllare».

Conosco così bene i professori e le loro abitudini che non ho bisogno di verificare. So chi fa tardi, chi arriva in anticipo, chi risponde male e chi invece è affabile. Conosco i professori come conosco le aule, i bagni (quelli sul lato sud-ovest sono sempre bollenti), conosco i buchi sul soffitto che fanno piovere dentro nei secchi di plastica. Guardo l’orologio ed è già l’ora dell’ultimo giro di chiusura. Mi alzo e recupero le chiavi che tintinnano tra le mie mani. Salgo le scale nei corridoi scuri e comincio a chiudere le aule. Apro la porta, controllo che l’impianto elettrico sia spento, spengo le luci e chiudo a chiave. Sempre così. Entro nelle aule e accarezzo i banchi perché questa sera mi sembrano tombe di un cimitero, solitari e silenziosi, abbandonati da tutti alla fine delle lezioni. Se mi concentro un po’ posso vedere i fantasmi di Lorenzo, Emma e pure il mio, mentre parliamo durante le lezioni o ci facciamo coraggio durante un esame.


Non ci servono più questi banchi perché non abbiamo più nessun corso da seguire. Chiudo a chiave l’ultima aula e inseguo i nostri fantasmi in sala ristoro. Un Raf più giovane di 5 anni entra con la felpa grigia stinta, il suo fantasma tiene al braccio il suo amico di allora, mi salutano. Il fantasma di Emma mi dà una gomitata nelle costole proprio come allora. «Sei arrossita» mi ripete il suo fantasma «Non è vero» risponde il mio, piccato. Era vero? Il tempo scorre e ci siamo tutti a fare pausa caffè. Federico ed io parliamo della finale di Champions. Le vetrate dell’aula 005 rimandano il bagliore fioco delle lampade gialle e io vedo i nostri fantasmi impegnati nella lezione di latino. Lorenzo è concentratissimo mentre digita tutto al computer. Mi volto appena e la lezione cambia. Io gioco all’impiccato con Raf che mi sgrida perché lo distraggo. Il suo fantasma ha ancora i capelli a cespuglio come li teneva al primo anno e il mio probabilmente sta già pensando a quanto sarebbe bello infilare le mani tra i suoi ricci. Emma ci guarda compiaciuta e so già che sta scrivendo un bigliettino con due sole parole «tensione sessuale».


Tra qualche anno il fantasma di Lorenzo mi ripeterà le stesse cose e poi lui ed Emma faranno amicizia e creeranno un club esclusivo chiamato «Sfottiamo Clio». Uno dei loro temi preferiti? La presunta tensione sessuale che, secondo loro, era evidente fin dall’inizio. Fin da quando io e Raf ci siamo presentati una sera di novembre. Sorrido mentre i nostri fantasmi ripropongono la scena davanti ai miei occhi. Salgo le scale e incontro il mio fantasma alla sua prima lezione. Sta aspettando di entrare in aula e per caso comincia a parlare con Emma. Da quel momento in poi diventeranno amiche, ma forse i fantasmi non lo sanno ancora. Al piano terra, nell’atrio, i fantasmi di Giovanni, Riccardo e Lorenzo stanno parlando con il mio. Abbiamo finito la lezione di filologia romanza e ci stiamo ufficialmente presentando perché abbiamo parlato diverse volte senza mai chiamarci per nome.


«Piacere, Clio»

«Lorenzo»

«Perché usi l’ironia per tenere distanti le persone?»

Da questa domanda io e Lorenzo siamo diventati amici. Sembra passata una vita. «Clio» mi chiama il portinaio «Il tuo turno è finito. Puoi andare». Ah già. Sorrido e saluto. Fuori piove ancora e io esco dalla porta a vetri lasciandomi dietro tutti questi fantasmi. Domani sarò di nuovo di turno e sarà passato un altro giorno di questa fine lunghissima che dura quanto la stesura della tesi. Ma adesso è tardi e voglio solo andare a casa.



 


Daphne Squarzoni, nata nel 1999, laureata in Studi Storici e Filologici, si sta specializzando in Filologia e Critica Letteraria. Dal 2019 porta avanti numerosi progetti didattici nelle scuole

elementari insieme all'associazione Siderea e alla casa editrice Isenzatregua, con cui collabora attivamente e con cui ha pubblicato nel 2022 Piccolo diario della guerra europea del 1914-1915 e nel 2023 Epsodi.



 

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