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Immagine del redattoreRedazione TheMeltinPop

Cronache di un’universitaria. Come il sole


AdinaVoicu from Pixabay

di Daphne Squarzoni


La primavera che ricomincia vuol dire tornare fuori a godersi i pranzi in compagnia mentre il sole si riflette sulle vetrate dell’università creando vivaci giochi di luce. Il sole mi piace. Mi piace perché fa luce al mondo perché sta bruciando. Il sole è un milione di esplosioni simultanee e questo ci tiene in vita. Chi di noi non si è mai sentito così? Come chi muore dentro facendo luce agli altri. E forse sono un po’ tragica, ma di fatto crescere vuol dire imparare anche questo: a fare luce mentre esplodi. Ma fino a che punto è giusto?


«Ciao», mi interrompe Raf comparendo davanti a me con la camicia spiegazzata sotto il maglione.

«Che cera», lo prendo in giro riferendomi alle occhiaie e al viso stropicciato di chi ha fatto tardi e bevuto troppo.

«Per quello che abbiamo fatto ieri sono un fiore, fidati» si inalbera lui. Rido e gli faccio posto accanto a me sulla Fortezza.

«Ti sei divertito?» gli chiedo «Un sacco» risponde lui. È stato ad una festa di laurea a Bolzano dove hanno cominciato con le birre alle 16 e sono andati avanti a bere fino alle 2 del mattino.

«Bene», gli sorrido. «Questo mi fa venire in mente che ho deciso una cosa»

«Cioè?»

«Ho deciso che sono gelosa.»

«Di chi?»

«Di tutti quelli che sono con te quando ti diverti mentre io non ci sono.»


Raf ride.

«Guarda che sono seria! Mi piace quando sei felice e voglio sempre esserci per godermi lo spettacolo» spiego. E sì, suona terribilmente dolce, ma non vedo perché dovrei censurare quello che penso solo per non somigliare a una stupida commedia romantica.

«Va bene, va bene», acconsente Raf allungando il braccio e accompagnando la mia testa sulla sua spalla. Respiro. Qualcosa dentro di me si sblocca all’istante e sento le difese crollare.

«Come stai?» mi chiede sottovoce come se fosse un segreto tra noi due.

«Potrei stare meglio» ammetto sincera. E mi ci sono voluti troppi mesi per imparare a lasciarmi guardare nei miei momenti no.

«Adesso ci sono qui io» mi risponde Raf «Ci penso io a farti stare meglio». Gli sorrido con gli occhi lucidi. È meraviglioso sentirsi così liberi di non stare sempre bene.

«Lo so» gli dico «Però va bene così. È un periodo troppo pieno e io ho le energie decisamente sotto le scarpe, anzi, ancora più sotto. Sto facendo una fatica incredibile con qualsiasi cosa, anche con me stessa» gli confesso.

«Per fortuna che io non faccio fatica con te» replica lui.

Sorrido «Bugiardo».


Lui alza le spalle. «Una cosa che ti invidio da matti è questa tua capacità di stare sempre “bene”», commento.

«Be’, è facile: se non posso fare nulla per cambiare le cose me ne disinteresso»

«Facilissimo…»

«Be’ per me sì»

«Lo so. E ti invidio. Però boh. In questo caso non è nemmeno questo, semplicemente la mia vita va a cicli (non solo mestruali) e ci sono dei periodi in cui mi tornano su tante cose, tante ferite irrisolte, limiti, paure e tutto diventa faticoso»

Raf mi fa una carezza delicata. «Lo so, ma in quei momenti ci sono io che mi prendo cura di te» mi ricorda. Ok, potrei decisamente mettermi a piangere. Abbiamo tutti bisogno di qualcuno quando stiamo male e la cosa più assurda è che spesso ci rifiutiamo categoricamente di chiedere aiuto. Spesso facciamo proprio come il sole e ci ostiniamo a tenere le nostre esplosioni lontane da tutti. Cerchiamo di mostrare solo la nostra luce e impediamo agli altri di avvicinarsi al nostro dolore. Solo che così diventa tutto più faticoso, più doloroso e più difficile. E non si tratta nemmeno di lasciare avvicinare chiunque. È solo che ci sono alcune persone, poche e fidate, che possono avvicinarsi, che possono prendersi cura, che possono sollevarti dal fare luce nei periodi di buio.


«La sai una cosa?» chiedo «Penso che il tuo segreto sia che tu sei davvero bravo a prenderti il tuo tempo ed il tuo spazio». Raf mi guarda interrogativo. «Voglio dire: non ti senti in obbligo di fare una cosa che non vuoi, non ti lasci schiacciare dalle aspettative degli altri, non fai più di quello che puoi fare. Sai quali sono i tuoi limiti e li passi solo quando sai di poterlo fare. Se ti serve del tempo per te, te lo prendi. Se hai bisogno di qualcosa, la chiedi. Sei un modello di salute mentale», concludo.

«Eh sì. Te lo dico sempre che io dovrei essere un faro per le genti in questi tempi bui» afferma convinto. Un po’ scherza, un po’ ci crede davvero.

«Guarda signor faro per le genti che pure tu hai i tuoi bei difetti», gli rinfaccio.

«Non è vero.»

«Certo che lo è.»

«Questo è quello che dici tu.»

«Io e tutte le persone che ti conoscono.»

«Be’ non è colpa mia se non capite niente.»


Rido e gli stampo un bacio sulla guancia. «Sai che amo i tuoi difetti? Non potrei mai mostrare i miei punti deboli a qualcuno che non ne ha», confesso. Raf mugugna qualcosa imbronciato. Rido.

«Ehi piccioncini», ci chiama Lorenzo da lontano. «Venite a bere un caffè?». Il sole della primavera accende la sua barba folta di riflessi.

«Arriviamo». Raf ed io ci alziamo dalla Fortezza e ci avviamo abbracciati verso Lorenzo e gli altri che ci aspettano in sala ristoro. Respiro la primavera e il profumo familiare di Raf. Mi sento già meglio. So che in caffetteria mi aspettano persone che mi vogliono bene, che non hanno bisogno che io faccia sempre luce e che possono perdonarmi anche un po’ di buio. So che questo spilungone al mio fianco avrà cura di me in questi giorni un po’ così e che si è fermato in università anche per questo: per starmi vicino. E allora no, le cose non vanno sempre bene, ma, come dice una frase abusata su Instagram, «it’s ok not to be ok». Soprattutto quando sei con le persone giuste.



 

«Io rimango della mia idea» dice Raf dopo aver letto il nuovo episodio.

«Cioè?»

«Siete voi che non capite niente, non certo io che ho dei difetti». Rido. «Che c’è da ridere?» si inalbera lui.

«Niente niente». Raf scuote la testa e mi guarda di traverso.

«E comunque questo che hai scritto non è mai successo». Allargo le braccia.

«Così no. Però sono tutte cose vere, tutte cose che potrebbero succedere esattamente come le ho raccontate e tutte cose che prendono spunto da cose vere», gli faccio notare. «Ho solo usato meno realtà rispetto agli altri episodi».

Raf annuisce «Ci può stare».

Gli sorrido «Comunque non sei perfetto» ripeto. Lui si imbroncia. «Non lo sei in assoluto. Però penso che in questo momento della mia vita tu sia la persona perfetta per me», concludo.

Lui mi sorride soddisfatto. «Vedrò di esserlo ancora per un po’». Lo bacio «O magari per sempre».



 


Daphne Squarzoni, nata nel 1999, laureata in Studi Storici e Filologici, si sta specializzando in Filologia e Critica Letteraria. Dal 2019 porta avanti numerosi progetti didattici nelle scuole elementari insieme all'associazione Siderea e alla casa editrice Isenzatregua, con cui collabora attivamente e con cui ha pubblicato nel 2022 Piccolo diario della guerra europea del 1914-1915 e nel 2023 Epsodi.



 

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