Cent'anni di Gatsby
- Arianna Destito
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a cura di Arianna Destito Maffeo
"Il Grande Gatsby" (The Great Gatsby), il celebre romanzo di F. Scott Fitzgerald, è stato pubblicato per la prima volta il 10 aprile 1925 negli Stati Uniti e compie dunque proprio in questi giorni un secolo di vita. Considerato uno dei capolavori della letteratura americana del XX secolo, rappresenta perfettamente la "Jazz Age" o "Età del Jazz", quel periodo di grande fermento culturale e sociale che percorse gli Stati Uniti dopo la Prima Guerra Mondiale.

Nonostante oggi sia uno dei romanzi più celebrati al mondo, al momento della pubblicazione nel 1925 il libro non ebbe molto successo commerciale.
Vendette solo circa 20.000 copie nel primo anno e ricevette recensioni contrastanti.
Fitzgerald morì nel 1940, credendo che il suo romanzo fosse stato un fallimento.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, il governo americano, per tenere alto il morale delle truppe, finanziò un programma per spedire 123 milioni di libri in edizione tascabile ai sedici milioni di soldati al fronte. Il grande Gatsby fu tra i romanzi scelti e distribuiti ai soldati sparsi tra l'Europa e il Pacifico. Questo portò a una riscoperta dell'opera e determinò una crescente fama postuma di Fitzgerald. Da lì in poi, Il grande Gatsby divenne un classico della letteratura americana.
La prima pubblicazione italiana del Grande Gatsby è di Arnoldo Mondadori ed è datata 1936, uscita per la collana “I romanzi della palma“ con il titolo di “Gatsby il Magnifico“ e la traduzione di Cesare Giardini. Ma per molti, ancora oggi, la traduzione di riferimento - e sicuramente la più amata dagli appassionati - resta quella del 1950 di Fernanda Pivano (sempre per Mondadori), che ha contribuito alla diffusione e all'indiscusso apprezzamento del grande romanzo. Nella trasposizione dall'inglese americano all'italiano, il lavoro sulla lingua e sullo stile eseguito da Pivano ha restituito al romanzo tutto il fascino e la profondità di emozioni che ne fanno un'opera indimenticabile per chi si lascia attrarre dal suo mondo.
Cosa dire di Gatsby che non sia già stato detto mille volte?
Negli anni mi è capitato di leggerlo e rileggerlo più volte quasi con cocciuta ostinazione. Un romanzo cha mi ha accompagnato da sempre. Da ragazzina dopo aver visto il film con Robert Redford e Mia Farrow, ricordo che corsi a comprare il romanzo alla Fiera del Libro, un Oscar Mondadori che conservo ancora. Poi da adulta per rileggerlo con occhi diversi, nuovi. Più tardi, da aspirante scrittrice, per indagare lo stile e la tecnica narrativa e poi, ancora oggi, solo per emozionarmi e sottolineare qualche frase che mi sembra di riscoprire ogni volta come una poesia nuova, pagine che mi trasportano in quel mondo, negli anni Venti del Novecento americano, nel proibizionismo, nell’età del jazz, poco prima del fallimento totale della Grande Depressione.
“Her voice is full of money.”
“La sua voce è piena di denaro.” Fa dire di Daisy, Fitzgerald.
“They were careless people, Tom and Daisy - they smashed up things and creatures and then retreated back into their money...”
“Erano persone sconsiderate, Tom e Daisy - distruggevano cose e creature, e poi si rifugiavano nel loro denaro…”
Ripercorro la storia di Jay Gatsby, quella di un sogno, di un riscatto, dell’illusione di voler riscrivere un passato, cancellare le umili origini, per ricominciare a vivere, per conquistare l'amore di Daisy Buchanan. Infine, le pagini struggenti per la nostalgia, il sogno che si trasforma in ossessione e quella “gentaglia” intoccabile, così ricca, così all’apparenza dalla parte giusta della vita. Il nichilismo di fronte a tutto ciò, per finire poi in tragedia.
Negli anni più vulnerabili della giovinezza, mio padre mi diede un consiglio che non mi è mai più uscito di mente. “Quando ti vien voglia di criticare qualcuno”, mi disse” ricordati che non tutti a questo mondo hanno avuto i vantaggi che hai avuto tu.”
Gatsby, dalla ricchezza dubbia, dai loschi affari, alla fine era il migliore di tutti.
Ma non sarà così. Tutto si sgretola, fallisce, il passato è lì, immobile che ci osserva e se la ride in un angolo. Gatsby siamo noi, con le nostre illusioni e ossessioni.
Gatsby credeva nella luce verde, il futuro orgastico che anno per anno indietreggia davanti a noi. C’è sfuggito allora, ma non importa: domani andremo più in fretta, allungheremo di più le braccia … e una bella mattina…
Così continuiamo a remare, barche contro corrente, risospinti senza posa nel passato.
Dovevano esserci stati momenti in cui Daisy non era riuscita a stare all’altezza del sogno, non per colpa sua, ma a causa della vitalità colossale di lui che andava al di là di Daisy, di qualunque cosa. Gatsby vi si era gettato con passione creatrice, continuando ad accrescerla, ornandola di ogni piuma vivace che il vento gli sospingeva a portata di mano. Non c’è fuoco né gelo tali da poter sfidare ciò che un uomo può accumulare nel proprio cuore solitario.

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