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Angelica e quell'estate a Realdo


di Arianna Destito


Quell’estate del 1989 Angelica era partita con Paolo. Avevano trascorso insieme gran parte dell’anno e la ragazza si era fatta convincere dalla famiglia di lui ad accompagnarlo in vacanza nel mese di luglio. Un tempo tutto per loro, trenta giorni insieme dalla mattina alla sera, comprese le notti. Avrebbero soggiornato in un borgo medioevale nell'entroterra del Ponente ligure, isolato dal mondo.

Angelica, tuttavia, non sembrava particolarmente entusiasta.

Una sensazione greve l'aveva accompagnata per tutto il viaggio. Per fortuna il paese distava solo un centinaio di chilometri da Genova, ma raggiungerlo non fu un'impresa di poco conto: la guida sportiva del padre di Paolo le procurò infatti un senso di nausea che non suonava di buon auspicio. Una volta giunti a destinazione Angelica e Paolo si sistemarono nella casa degli anziani nonni di lui.


La ragazza indossava una maglietta nera dei Guns 'n Roses raffigurante una pistola intrecciata tra due rose rosse, bermuda neri e chiodo anch'esso nero; entrò timidamente nel salotto arredato in stile arte povera mentre il suo sguardo slittava veloce tra la vetrinetta colma di tazzine, ninnoli e angioletti e il divano a fiori, in parte ricoperto da un lenzuolo bianco.

"Ecco, voi dormirete qui" disse la nonna, togliendo il lenzuolo dal divano letto. Era una vecchia minuta, anzi, rinsecchita e stizzita, con il naso adunco e gli occhi piccoli piccoli che scrutavano Angelica di traverso, come se all’improvviso fosse entrato in casa un pipistrello che non vedeva l’ora di cacciare via a bastonate. E invece avrebbe dovuto sopportare: il mese di luglio era appena agli inizi mentre la sua vita, già duramente provata, dopo quell'incontro pareva giunta al capolinea. Il nonno non era da meno, ma aveva una strana luce negli occhi che lasciava trasparire i suoi pensieri più reconditi e, da come squadrava la giovane, si intuiva che cercasse di immaginarsela nuda. Anche se veste come un maschiaccio, le forme promettono bene, pensava soddisfatto il vecchio porco mentre spostava lo sguardo dalle tette di Angelica al nipote che non stava nella pelle per l’entusiasmo.

“Eh, beato... ” provò a dire.

La vecchia lo fulminò con un’occhiata prima ancora che finisse la frase.

“Cara mamma” attaccò la madre di Paolo “Angelica è qui per badare a tuo nipote e alleviare le tue giornate. È la sua maestra e si occuperà della sua educazione e del tempo libero. Dunque, questi, sono gli accordi: sveglia alle otto, colazione, e poi fuori, all’aria aperta. Ma mi raccomando: prima di tutto i compiti. Paolo deve essere allenato a leggere e scrivere perfettamente”.

Alleviare?! pensò la vecchia. Ma si rendeva conto di quello che diceva? Altro che alleviare, la presenza di quella strega di vent’anni in casa le avrebbe reso la vita un inferno.

Grugnì e bofonchiò qualche parola incomprensibile mentre la figlia, facendo spallucce, uscì di casa e se ne andò via con il silenzioso marito, lasciando dietro di sé tre persone attonite, immobili come statue di sale.

Quella si presentava come la peggiore estate della loro vita. Solo Paolo, il bambino, si mostrava entusiasta di quella situazione.

Angelica, novella Jane Eyre dal look metallaro con bandana verde sulla folta chioma castana, era l’istitutrice di Paolo, cinque anni, fino a quel momento il suo unico alunno. Era un bambino di talento che aveva saltato la prima elementare e all'esame per passare direttamente in seconda le aveva fatto fare un figurone. La vacanza estiva al paese di famiglia rappresentava il premio – per così dire − che i suoi genitori avevano stabilito per entrambi, maestra ed alunno.

Si respirava un'aria strana in quel luogo. Qualcosa che la ragazza non riusciva a spiegarsi. Qualcosa di nuovo. Vibrazioni che avvertiva sulla pelle, come un risveglio. Sensazioni a cui non era abituata. Angelica era cresciuta in città e non amava i paesi piccoli, le sembrava che le togliessero spazio e aria. E in effetti, appena arrivata al borgo, l’impressione era stata quella. Non tanto per le caratteristiche del luogo che, anzi, trovava suggestivo e affascinante, con i viottoli di pietra e le casette da elfi incastonate nella roccia. Quello che la lasciò interdetta fu l’atmosfera che percepì al suo arrivo. Di certo non si aspettava una fanfara, ma nemmeno la strisciante ostilità che le avevano riservato i nonni di Paolo. Erano vecchi contadini abituati a una vita semplice, si alzavano presto al mattino, andavano nell'orto, giravano il paese, andavano a messa e scuotevano sempre la testa per manifestare il loro dissenso. Dissentivano su tutto. E lei faceva parte del tutto. Quella ragazza che trascorreva tante ore con il loro nipotino, ad esempio, proprio non la digerivano. Da quando i bambini avevano bisogno di tutte queste attenzioni? Paolo avrebbe potuto restare in casa loro per qualche giorno, magari qualche settimana − che poi anche tra parenti ci si dà fastidio − insieme ai suoi genitori. E invece gli era toccata la maestra. E poi, chissà chi era questa qui. La sera la nonna chiudeva la porta a più mandate, ma a che serviva se il nemico soggiornava in casa? Tutti dicevano: ma quanto è bella. Angelica, di nome e di fatto! Sì, alla vecchia non la si faceva. Altro che Angelica! Quella doveva essere il diavolo. E dormiva con il suo nipotino! Lui sì che era un angelo. Ma è ammissibile che una ragazza dorma nello stesso letto con un bambino? Scrollava la testa, di continuo. E aveva una strana sensazione di ronzio e di vertigine. Colpa della ragazza, la strega. Avrebbe di certo rovinato suo nipote per sempre. E qualcuno poteva spiegarle perché un bambino deve saltare la prima elementare? A sentire loro perché è molto intelligente. E allora? Se è intelligente, lo sarà anche l’anno prossimo, no? Perché tutta questa fretta? Anziché stare sempre sui compiti, non sarebbe stato meglio in mezzo alle fasce, tra gli ulivi, in mezzo alla natura, impastato nella terra dell'orto, a correre sui prati e a scoprire nascondigli su per le crêuze medioevali. Tra archivolti di pietra e castelli immaginari da espugnare. Dentro capanne costruite con fronde e rami intrecciati, fra lucertole e sterpaglie. Neanche per idea: meglio la maestra di città.


Angelica sentiva borbottare tutto il giorno. E ogni giorno avvertiva lo sguardo obliquo della vecchia su di sé. E meno male che era mezza cieca, figurarsi se ci avesse visto bene.

A nulla valeva il lavoro che faceva con Paolo.

La vecchia megera li spiava di continuo. Del resto, poteva evitare di controllare cosa facessero prima di andare a dormire? Osservava ogni dettaglio, vedeva la ragazza armeggiare con uno strano aggeggio con le cuffie − walkman si chiamava − e tutte le sere far addormentare il nipotino ascoltando una strana musica. Musica del diavolo, pensava. E ne ebbe la conferma quando glielo chiese. “È una ballata, signora” rispose Angelica “si chiama Patience, è dei Guns and Roses. È un brano molto rilassante, eseguito dalla chitarra acustica”. Sembrava che ad ogni frase della giovane il sopracciglio della vecchia si elevasse fino a quasi prendere il volo.

Ora ne era certa. Quella ragazza ascoltava la musica del demonio. Andò in chiesa a parlare con il parroco che però non le diede molta soddisfazione. Ma cosa si aspettava? Era un uomo e anche lui ne era rimasto affascinato. Possibile che nessuno vedesse con gli occhi della verità? È vero, i suoi erano occhi consumati e velati, ma il fiuto per le rogne lo aveva ancora.


Nel tentativo di liberarsi da quei pensieri ossessivi, una sera decisero di uscire e si recarono a mangiare la pizza nella trattoria del paese. Forse un po' di distrazione faceva bene a tutti.

E proprio lì accadde qualcosa che la vecchia accolse come un segno.

Mentre a tutti venivano servite le normali pizze di forma circolare, alla maestra ne arrivò una completamente diversa dalle altre. Una grande e ricca pizza a forma di cuore. Arrivò il pizzaiolo in persona a servirla e, tra la curiosità generale e l’imbarazzo della ragazza che avvampò per la vergogna, disse: “Questa è per la signorina”.

Tanta scena − pensò la vecchiasi veste da dura, tutta di pelle, e alla prima emozione diventa rossa come un rapanello.

Ma quello era di certo un segno in risposta alle sue preghiere che cominciavano a essere ascoltate.


Tutto sembrava prendere una piega felice e inaspettata.

D’improvviso la maestrina cominciava a seguire gli istinti che le risvegliavano i sensi e le ricordavano che in fondo aveva solo vent’anni.

Una calda e torrida domenica di metà luglio, la ragazza uscì in piena libertà. Aveva la giornata di festa. “Vai pure, cara” gioì la vecchia mentre la vedeva allontanarsi insieme al pizzaiolo. Benedetto il ragazzo e chi lo aveva mandato.

I due giovani si recarono ai laghetti per fare il bagno. Era una novità per Angelica e le piacque molto. Restò incantata da quello che la circondava. Dalle foglie che le sfioravano la pelle, dalle rocce roventi e dall’acqua trasparente; anche il caldo torrido si stemperava vicino ai ruscelli e alle piccole cascate d’acqua fresca. Qualcuno la vide allontanarsi e salire verso la luce dell’entroterra che sembrava richiamarla a sé. La giornata aveva assunto un colore insolito, un verde azzurro acceso di felicità.

Verso sera, al ritorno a casa, tutti erano abbrustoliti dal sole, con la pelle arrossata e dal profumo di biscotto.

In casa il piccolo Paolo aspettava con trepidazione la sua maestra, dopo una lunga e grigia giornata con i nonni.

Ma Angelica non arrivava.

Era tardi, ormai.

Nessuna notizia.

La vecchia sorrideva tra sé. “Ora arriva e ci dirà che scappa con il pizzaiolo. E tanti saluti e baci. Così potremo continuare con la nostra vita”. Era certa che sarebbe andata così.

Sentì suonare alla porta. Era proprio lui, il giovane pizzaiolo. Ma era da solo e con l’aria sconsolata.

“Non la troviamo”.

“Chi?”

“La ragazza”.

“Quale ragazza?”

“La maestra di Paolo”.

“Angelica?”

“Si”. Il giovane abbassò lo sguardo e, in preda allo sconforto e allo spavento, si coprì il volto con le mani.


“Le ho raccomandato di non allontanarsi troppo, ma sembrava in estasi. Non mi ascoltava. Era così felice e sicura mentre si dirigeva su per i monti che sul momento non mi sono preoccupato. Ma poi… È sparita dalla mia vista. Ho aspettato e aspettato. Ma invano. Ora sono sceso in paese. Speravo fosse qui da voi. Non c’è, vero?”.

“Certo che no! Doveva stare con te, maledizione!” rispose la vecchia, dispiaciuta più perché le avevano rovinato i suoi piani che per la sorte della ragazza.

Angelica era sparita. Evaporata nell’aria.

A niente valsero le ricerche che proseguirono per tutta l’estate.

Per tutto l’anno e gli anni e le estati a venire.

La cercarono ovunque. Al confine con la Francia. Tra le grotte e i sentieri. Nulla. Non si trovò mai il corpo. Viva o morta che fosse. Il pizzaiolo fu arrestato, torchiato e poi scarcerato per non aver commesso il fatto. Era innocente. Ma rimase segnato da quella vicenda, dalla quale non si riprese mai più. Finì alcolizzato in giro per i paesi dell’entroterra ripetendo che sull’Alta Via dei monti liguri c’era una ragazza felice di vivere immersa nella natura. Tutti lo guardavano con compassione e lo evitavano con cura.

La nonna di Paolo non resistette al colpo di veder esaudite le sue richieste fino a quel punto, le prese un ictus e ci rimase secca. La seguì il nonno l’anno dopo, colpito da una rara forma di tumore al palato si lasciò morire di fame e di sete.

Il piccolo Paolo non credette mai alla storia della morte presunta di Angelica. Dopo aver girato il mondo decise di tornare a vivere in quei luoghi.

E ora che il piccolo Paolo è un trentacinquenne non c’è strada, sentiero, grotta, anfratto e sterrato che egli non conosca come le sue tasche. Ogni estate e ogni inverno torna a camminare sui monti del suo Ponente. Ormai ne carpisce ogni segreto. E riesce a sentire come un richiamo della natura un suono lontano. Sembrano note di una chitarra acustica tra i fruscii del vento che lo riportano direttamente a lei, Angelica.

Qualcuno giura di averla vista nel bosco correre libera con una bandana verde tra i folti capelli castani.

Qualcun altro di aver sentito nelle notti di luglio una voce di donna che canta una ballata, come una nenia.

All we need is just a little patience. Said sugar make it slow and we’ll come together fine.

All we need is just a little patience. Patience



Il racconto Angelica è comparso nella raccolta Il forno di Realdo ( APS Realdo vive) a cura di Loretta Marchi.

Su iniziativa di Giamapiero De Zanet, Realdo Vive Associazione.

"Diciotto scrittori narrano il borgo di Realdo e la sua montagna, per far conoscere le peculiarità di uno dei più affascinanti paesi dell'entroterra ligure, posto a chiusura dell'alta Valle Argentina, a più di 1000 metri d'altezza"

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